La panchina

Panchina

La solitudine serve. Raramente, ma serve. Perché arriva sempre il momento di spegnere il rumore e di farti due chiacchiere coi tuoi pensieri, disporli con ordine in campo e fare il punto. Arriva sempre una mattina in cui sei da solo in un parco, sigaro tra le dita e culo su una panchina claudicante, piedi incrociati e respiri profondi.
Ogni tanto gli occhi guardano oltre la linea del fuorigioco in cui tutti cadiamo, prima o poi. E anche se fingiamo di disinteressarci dell’azione, non possiamo fare a meno di pensare al gol che ci manca e al tackle che non dobbiamo fallire.
Il sole brucia sulla testa rasata, finalmente. I giorni di pioggia britannica, privi di gloria e zeppi solo di affanni, hanno un po’ rotto il cazzo.
Io me ne sto ancora un po’ qui, su questa panchina.
E pensare che la panchina l’ho sempre odiata.

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