Patti chiari, amicizia lunga

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Quello che si chiede ai calciatori è di onorare la maglia che indossano.
Nel nostro caso, la sacra maglia azzurra.
E hanno un solo modo per onorarla: sudarla.

Se fuori dal campo fanno festini o vanno in chiesa, organizzano orge o sono astemi, non sono problemi nostri.
Sono problemi della Società.

Non confondiamo mai i compiti: a noi tocca sostenere la squadra.
Non dobbiamo essere ultras del professionismo né tifosi del bilancio.
Ci sono altri, lautamente pagati, che devono preoccuparsi di questo.

Se un miliardario in pantaloncini lotta su ogni pallone, espelle ogni goccia di sudore, non tira mai indietro la gamba, non accetta la sconfitta fino al triplice fischio dell’arbitro, avrà il nostro sostegno.
Se il suddetto privilegiato se ne fotte delle regole non scritte di uno spogliatoio, mette in atto comportamenti lesivi della Squadra e la Città, antepone l’interesse personale al bene comune, riceverà rabbia e disprezzo.
Soprattutto a Napoli.

Lo sappiano i calciatori che indossano o indosseranno la maglia azzurra.
Lo sappiano anche le loro mogli, amanti, corti, gli entourage e i prezzolati.

Patti chiari, amicizia lunga.

Bandito

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Se pure arrivasse James Rodriguez, sarebbe comunque il secondo “Bandito” più importante nella storia del Napoli.

Il primo, oggi, compie 50 anni.

Abbonamenti a prezzi popolari? Se sarà, bravo ADL

San Paolo Nuovo

La fonte non è tra le più attendibili, trattandosi di Tuttosport.
Se però fosse vero, la società merita certamente un applauso.
Pare infatti che De Laurentiis abbia deciso di abbassare i prezzi degli abbonamenti del 25-30% rispetto al 2017/18 (ultimo anno in cui c’è stata una campagna abbonamenti).
Un bel segnale, non c’è che dire.
Un’ulteriore spinta ad abbonarsi, a sostenere la squadra, a riempire il Tempio e a farlo ritornare ai fasti d’un tempo, quando venire a Fuorigrotta incuteva timore agli avversari e maggiore forza ai nostri ragazzi.

Tra pochi giorni sapremo se questa notizia è vera o se è la solita bufala dei papponcini, prezzolati e non.
Staremo a vedere.

Il primo fumogeno

No Pyro No Party2

La prima volta che ho avuto un fumogeno in mano non è stato al Tempio.
E’ stato al Partenio di Avellino.
Napoli – Sampdoria, sedicesimi di coppa italia.

Pioveva, porca troia quanto pioveva.
Partimmo con tre auto da Pozzuoli.
Io stavo con uno che “vado ad Avellino tutti i mesi, per lavoro”.
Ovviamente, sbagliò strada.
Ce ne accorgemmo quando vedemmo il cartello “San Vittore”.

Facemmo San Vittore – Avellino in un amen.
Arrivammo a partita iniziata.
All’ingresso c’era uno steward con l’ombrello e poca voglia di stare lì.
Ci strappò i biglietti senza nemmeno controllare.
Facemmo le scale di corsa, per raggiungere l’anello superiore del Partenio.
Arrivati lì, non c’era nessuno.
Nemmeno un gruppo ultras.
Dove cazzo stavano?

Sotto.
Nell’anello inferiore.
Buttai uno sguardo nella curva opposta: vidi lo striscione Fedayn.
Presi il cellulare e chiamai Zelig.
– Oh, ma addò stai?
– Di fianco ai Fedayn, come sempre. Pecchè, tu addò stai?
– Nella curva opposta.
Agitai le braccia.
– Si, ti vedo. Che ci fai là?
– Eh…

Avevamo pure sbagliato curva.
La pioggia, almeno, si era presa una breve pausa.
Allungai il collo, per vedere quali gruppi stessero all’anello inferiore, sotto di me.
C’erano i Vecchi Lions.
Ottimo. Decidemmo di metterci lì.
Neanche il tempo di ridiscendere le scale, che incontrai un tizio che conoscevo.
Uno che aveva almeno quindici anni di curva più di me sul groppone.
– Che cazzo ci fai qua?
– Nu casino che nun hai idea… abbiamo sbagliato strada, siamo arrivati tardi, abbiamo sbagliato curva…
– Ho capito, nu maciello. Vabbuò, vieni qua… dammi na mano.

Gli diedi una mano.
Letteralmente.
Nella mano mi mise un fumogeno.
– L’hai mai appicciato?
– No, mai.
– Te faccio vedè… se fa accussì.
La torcia prese fuoco.
Strinsi gli occhi, per abituarmi ala luce.
L’odore acre del fumogeno non mi era mai sembrato così dolce.
Lui fece lo stesso con un altro fumogeno.
Si mise a qualche metro da me.

Il cellulare mi squillò.
Risposi, senza leggere il nome sul display.
Era Zelig.
– Oh, ma si tu chillo co’ nu fumogeno in mano?

Gli Ultras italiani dettano la linea

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Vi sottoponiamo un interessante articolo apparso sul Manifesto.
E’ una breve intervista al sociologo francese Sébastien Louis, autore del libro “Ultras. Gli altri protagonisti del calcio”.
L’interesse nasce dal fatto che essere Ultras è sempre più vista come una cosa italiana (che altri provano a imitare), ben distinta dall’hooliganismo britannico o dell’est europa e anche dal tifo organizzato sudamericano.
L’intervista è firmata da Pasquale Coccia:

“Il movimento ultras italiano è un punto di riferimento mondiale per le coreografie. Dai primi gruppi dei fedelissimi, fattore di aggregazione sociale, alle sottoculture degli anni ‘70 del secolo scorso, la curva ha rappresentato uno spazio libero e liberato. Il tentativo esplicito dei nuovi padroni del calcio è di espellerli dagli stadi, perché il calcio commercializzato non li tollera più. Ne parliamo con il sociologo francese Sèbastien Louis, autore di Ultras. Gli altri protagonisti del calcio (meltemi, euro 25,00).

Perché hai scritto questo libro?

Sono stato un ultras del Marsiglia dal 1994 al 2007. Viviamo in una società dell’individualismo e della divisioni, a me è sempre piaciuto stare insieme, partecipare ai momenti di creatività collettiva e lo stadio, sopratutto la curva lo permettono. L’Italia è considerata la mecca degli ultras dall’Europa fino all’Indonesia. Nel 1967-68 è nato il primo gruppo ultras, anche se esistevano già gruppi dei Fedelissimi Lazio, Roma, Sampdoria, ecc. In quegli anni si passa dai circoli ai superclub dei tifosi, voluti dai presidenti delle società. Nel ‘67 i tifosi della Sampdoria espongono uno striscione con la scritta Commandos, fino al 1971 sorgono i commandos Tigre, Fossa dei Leoni, Ultras della Sampdoria, Boys dell’Inter. Dopo il ‘71 sorgono le Brigate. C’è un salto di qualità, non sono tifosi violenti, ma accettano il principio della violenza.

Gli altri gruppi ultras famosi nel mondo?

Gli hooligans, i torcidos brasiliani, i barras bravas in Argentina e infine il modello “balcanico” tra la Turchia e la ex Jugoslavia. Gli hooligans prediligono lo scontro fisico, i torcideros sono espressione della cultura del carnevale brasiliano, gli ultras della torcida vi partecipano con le loro bande musicali. In Argentina le barras sono molto violente e meno organizzate. Gli ultras italiani diventano un punto di riferimento mondiale per le coreografie negli stadio.

Tra gli ultras trovano spazio anche le sottoculture?

Tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei ‘70 in Italia non si poteva essere huppye, skin, punk, erano culture che si erano affermate a Parigi, Londra, Bruxelles, ma non nel vostro paese. Allo stadio era possibile presentarsi in un certo modo, i genitori accettano un modo di vestirsi dei figli perché sanno che vanno allo stadio a fare il tifo, non considerano la curva un luogo pericoloso, come le manifestazioni politiche dove vi era il pericolo di scontri tra giovani di sinistra e fascisti o con la polizia. I giovani ultras liberano gli spazi tradizionali dello stadio per fare il tifo, aggregarsi, bere, assumere sostanze, badano poco alla partita, la curva diventa uno spazio liberato con gruppi trasversali, anche se i primi ultras sono di sinistra, ma la politica non c’entra niente. Gli ultras ostentano in curva simboli politici di quel periodo, dalla P38 al pugno chiuso fino al saluto romano, in realtà sono solo provocazioni, è una cultura giovanile diversa che di fatto diventa una sottocultura.

Hai studiato il modello ultras nell’Africa del nord?

Ho fatto parte degli ultras del Marsiglia, nato nel 1984 ad opera di un figlio di immigrati italiani, in Belgio nel 1996 è nato un gruppo ultras grazie all’impegno di un figlio di immigrati delle Marche, anche nel Lussemburgo e in Germania i gruppi ultras sono stati fondati dai figli degli immigrati italiani. Nel Nordafrica il movimento ultras è nato nel 2002, in Tunisia e Marocco vedevano la tv italiana, la trasmissione sportiva 90° minuto, i giovani delle curve si sono ispirati a quelli della Fossa dei Leoni, Commandos Curva Sud, ecc. A volte allo stadio si espongono striscioni scritti in italiano. Anche in Indonesia ho visto uno striscione dei tifosi dello Pss Sleman, una squadra di serie A, scritto in italiano e firmato Brigata Curva Sud. La settimana scorsa a Genova, alla festa dei 50 anni del gruppo ultras Tito Cucchiaroni della Sampdoria, ha partecipato un ragazzo arrivato appositamente dal Marocco, ha chiesto e ottenuto il visto, solo per partecipare a una festa degli ultras, altrimenti sarebbe rimasto a casa.

Il rapporto tra ultras e calcio commerciale?

Gli ultras sono l’ultima frontiera di un calcio popolare. Nel 1993 cambia la formula della Champions League, gli ultras sono i primi a capire che ai vertici del calcio europeo c’è un disegno chiaro di volerli estrometterli dagli stadi, di dare spazio alle famiglie. Si comincia dall’Inghilterra con la Premier League, si criminalizzano gli hooligans che nel decennio precedente hanno seminato violenza e morte, come a Sheffield, con l’intento di ridurre la capienza degli stadi e sostituire un pubblico popolare con uno medio-alto, aumentando i prezzi dei biglietti. Oggi in Inghilterra non cè più tifo, per un appassionato del tifo acceso sugli spalti è il peggior posto dove andare. Ci sono tanti inglesi che vengono in Italia per vedere le partite. Conosco inglesi che sono tifosi dell’Arezzo, altri vanno a Genova. Al momento il calcio italiano rappresenta sul piano del tifo popolare un contromodello rispetto a quello inglese. La sfida è riprendersi le curve per mantenere un ruolo pubblico.

Gli ultras rischiano di fare da contorno al calcio commerciale?

In Germania si registra una media di 44 mila spettatori a partita, la percentuale più lata del mondo, hanno capito l’importanza di coinvolgere gli ultras per tenerli nello stadio. La gente va allo stadio per vedere la partita in campo, ma anche lo spettacolo. Negli stadi tedeschi ci sono posti per i tifosi, per le famiglie con bambini, per gli ultras è un modello che funziona benissimo. Anche in Germania c’è la repressione ma non come in Italia.

Recentemente il governo italiano ha introdotto diffide fino a 10 anni, gli ultras diventano un laboratorio della repressione, oggi allo stadio, domani nelle città. Lo Stato ha bisogno di cavie, che siano gli immigrati o gli ubriachi, non importa, gli ultras in Italia sono considerati socialmente pericolosi.”

Il Gioco del Pallone

Il gioco del Pallone

Il citofono diventava di fuoco.
Quasi sempre di soprannomi.
‘O chiatto, ‘O scenzià, ‘O russo.
Io ero ‘O champagne.

Le scale discese a due a due.
Saltando come grilli.
Gli spiccioli rubati dal resto della spesa che facevano rumore nelle tasche.
Il cancello aperto.
Il saluto rapido ai compagni.
Jammuncenn.

Colletta.
Metti qua. Io ho solo queste. Muort ‘e famme.
Apparate seimila lire.
Due supersantos. E ci esce pure una gassosa.
Signò, due supersantos buoni! Che ci vogliono le felle di carne per schiattarli!
Tranquillo, Champà. Se si schiatta, so come fare. Metodo infallibile. Me l’ha insegnato il fratocugino del fidanzato di mia sorella. Con la sputazza trovi il buco, con un ago di pino lo tappi.
Tranquillo, Champà.

Il campo.
Una lingua d’asfalto sconnesso.
Valgono le sponde?
Solo se sei ricchione!
OK, niente sponde.
Una porta fatta di pietre di tufo.
L’altra dai resti di un cancello divelto.

Portieri volanti?
Siamo dispari!
No problem.
Porta americana.
Vabbuó.

Il tocco per le squadre.
I capitani? Jamme bell.
So pa me a parta toja…
Jo!
Uno due tre quattro cinque sei sette.
‘O sfregiato, con me.
Mannaggia, è forte.
Io mi piglio ‘o scienziato.
‘O russo.
Merdone.
Fabiolino.
Leccagino.
Quattrocchi, in porta.

Noi siamo il Napoli.
‘O cazz, noi siamo il Napoli.
Allora nessuno è il Napoli.
OK, noi siamo il New Team.
Nuje ‘a Muppet.
Vi schiattiamo la capa.
Se se…

Cominciamo?
Fischia tu.
No, fischia tu.
– Fischio io! Fiuuuuuuu!
Ulloc ‘o cornut!

No politics

No politics_Fedayn_Volantino

Tra le tante cose ottime del movimento ultras napoletano c’è anche il fatto di essere apolitico.

Fuori, vota chi cazzo vuoi.
Dentro, tifa solo il Napoli.

E sarà sempre domenica

Fedayn_controluce

“E sarà sempre domenica,
fin quando sarò con te”.

È vero. Le domeniche sembrando degli anonimi mercoledì di provincia quando Tu non scendi in campo. E noi non siamo sugli spalti.

Tutto il resto conta POCO

Curva A Fame di vittoria

“Tutto il resto conta POCO,
noi vogliamo vincere!”.

Ogni volta che questo coro viene intonato, da qualche saettella esce un papponcino che ti dice “se vuoi vincere, tifa Juventus”.

La Juventus.
Quelli che vincere è l’unica cosa che conta.

Eppure non è difficile capire che tra quel POCO e quell’UNICA COSA CHE CONTA c’è la differenza tra sport e antisportività.

La più bella del mondo

Maglia Napoli Mars

Tutta azzurra.
Coi numeri bianchi.
Senza pixel, pantere, strisce, denim e camouflage.

La più bella del mondo.

Vogliamo la nostra maglia!

Maglia_Napoli_2019-20

Le voci e le immagini circolate settimane fa erano vere.
Purtroppo.
Dopo la pantera dell’anno scorso, completamente priva di ogni riferimento storico o culturale al Napoli e a Napoli, si è stati capaci di peggiorare la situazione.

– Ma perché, mica è brutta sta maglietta!

Preveniamo l’obiezione.
A noi non ce ne fotte se è bella o brutta, perché ognuno ha i suoi gusti. Noi ci limitiamo a dire che questa NON È la maglia del Napoli.
I pixel, il camouflage, i corn ‘e chi v’è vivo… tutte puttanate, che rispondono a logiche mercantili e pubblicitarie.
Logiche che non ci appartengono e che contrastiamo.

Se si vuole sperimentare, esiste la terza maglietta. Quella possono farla verde, bicolore, a pois, chi se ne fotte.
Ma la prima deve essere TUTTA AZZURRA, senza ghirigori, coi numeri bianchi.

Sappiamo bene che questa è una battaglia di retroguardia, che ha più avversari che sostenitori.
Siamo consapevoli che il mondo del Calcio è pronto a sotterrare tradizioni, loghi, colori sociali sull’altare del Mercato.
Sappiamo anche che molti coglioni sono pronti a spendere centinaia di euro per queste cagate, e se qualcuno fa notare loro la stronzata che fanno, si innervosiscono.

Ma noi siamo fatti così.
Legati alla Tradizione che non puzza di conservatorismo.
Il nostro pensiero è OPPOSTO, difficilmente riconducibile alla prassi del Sistema Calcio.
E continuiamo a dirlo, anche se la nostra voce rimarrà isolata.

Muri puliti, popoli muti

Murales_Napoli_Piazzetta_Vico

Muri puliti, popoli muti.
Lo diceva un vecchio adagio, lo conferma la quotidianità.
È un tema spinoso, certo: i tutori del presunto decoro cittadino sono sempre in prima fila ad auspicare repressione e pene severe per i “vandali della bomboletta”.

Non so.
Personalmente trovo più indecoroso un palazzo fatiscente, un marciapiede scassato, l’immondizia in strada.
E non poche volte mi è capitato di trovare sui muri splendidi dipinti e eccezionali frasi.

Prendete questo muro, ad esempio.
Cosa cazzo sarebbe senza quelle scritte? Semplicemente un muro. Un grigio, grattugiato, lurido muro di città.
Grazie a quelle scritte, diventa un monumento: a un Ideale, a un movimento, a un modo di essere, a uno stile di vita.

Un monumento all’amore puro, senza compromessi.
L’Amore Ultras.

Fate parlare i muri, fratelli.
Difendete la loro voce.
Perché provano a zittirci in ogni modo.
Rendiamogli la cosa difficile.

Insufficienza di prove

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Paolo Scaroni è un tifoso del Brescia.
Lo era anche 24 settembre 2005.
Il giorno di Verona – Brescia.

Quel giorno, alle 20, la sua vita cambia per sempre.
Perché durante una carica della polizia viene letteralmente massacrato.
Colpito alla testa più volte.
Col manganello imbracciato al contrario.

Un mese di coma.
“Scontri tra ultras”, dicevano i pennivendoli.
Invece no. Paolo si risveglia e racconta tutto.
A una poliziotta.
Che indaga sui colleghi e scopre verbali truccati, omertà, pestaggi sistematici organizzati.

Lo Stato, resosi conto di essere colpevole, risarcisce Paolo. Il suo 100% di invalidità, l’incapacità di parlare con fluidità, la gamba trascinata perché il cervello non funziona bene, vale 1 milione e 400 mila euro.
Perché Paolo è così per colpa dei servitori dello Stato.

Si, ma quali servitori?
Non si sa. Non ci sono numeri identificativi sui caschi e sulle divise.
Però ci sono testimonianze, verbali taroccati, referti medici.
Non bastano.
Ieri sera lo Stato ha assolto gli agenti in divisa a processo.
Insufficienza di prove.

P. S.
6 ore dopo il brutale pestaggio di Paolo Scaroni, a Ferrara viene fermato un giovane. Si chiama Federico Aldrovandi.
Aldro, per gli amici.

Né rosso, né nero. Azzurro.

Né rosso né nero25

Una curva è grande se è compatta.
La compattezza è tutto. Serve per sostenere, per coinvolgere, per difendersi da avversari e blu.

La politica distrugge la compattezza di una curva. Ci sono gruppi ultras più adatti alla balaustra di Montecitorio che a quella dello stadio. Ci sono curve in cui le croci celtiche o i Che Guevara superano le bandiere coi colori sociali. E questo non va bene.

Ognuno voti per chi cazzo vuole. O non voti proprio, chi se ne fotte.
Chi scrive, ad esempio, ritiene che l’unico fascio buono è il fascio di friarielli. Ma al Tempio io sono sempre andato con un unico Ideale nella testa e nel cuore: la Maglia.
E sono orgoglioso che in curva A e B non ci siano riferimenti politici.
Nessuno si sogna di fare i buuu razzisti ai calciatori di colore. Nessuno si mette a inneggiare a Stalin o Mussolini.

Allo stadio si sostiene il Napoli.
Che non è rosso, né nero.
È azzurro.

B. Dortmund, gli Ultras decentrano il tifo

BVB ultras

“Il successo ha portato sempre più clienti anziché fan”, “il rapporto tra club e fan è scomparso”, “il divario tra Ultras e tifosi normali sta aumentando”.
Su questi temi stanno ragionando da tempo i tre principali gruppi ultras del Muro Giallo, la famosa curva del Borussia Dortmund: The Unity, Desperados e Jubos.
Nonostante sia ancora universalmente riconosciuta come la curva più calorosa di Germania, gli ultras del Dortmund hanno notato una involuzione negli ultimi anni. Non tanto a livello di presenza, sempre molto alta, ma per quanto concerne il sostegno, i cori, la partecipazione.

“Abbiamo una reputazione in tutto il mondo della quale purtroppo non siamo più all’altezza” è il titolo di un volantino-manifesto distribuito dagli ultras “The Unity”.
Cosa fare? Pare che i tre gruppi abbiano trovato un accordo: allargarsi.
Ad oggi, il nucleo del tifo caldo giallonero è racchiuso nei settori (blocchi) 12 e 13, ossia i settori più centrali. Per far crescere la partecipazione di tutta la curva, hanno deciso di spostarsi verso l’esterno: The Unity si occuperà del settore 14, Desperados e Jubos del settore 11. In pratica, i cori saranno lanciati dall’esterno della curva verso l’interno, capovolgendo la prassi in voga praticamente in tutte le curve del mondo.

E’ un argomento che merita una riflessione, anche in Italia. Potrebbe essere un metodo da replicare, utile a risolvere i problemi di scarsa partecipazione al tifo delle estremità delle gradinate?

Mastino

Mastiffs_murales_bw

Cane ‘e presa.
Questo è il nome con cui l’ho conosciuto, tanti anni fa.
Abbaiava, ringhiava a chiunque provava a mettere piede in casa sua.
Amichevole e leale con chi gli era amico.
Non lo facevi fesso, manco per il cazzo.
Era molto più intelligente di quanto sembrasse.
E sapeva essere spietato, quando c’era da combattere.

Mastino.
Mastino napoletano.
Così lo chiamano.

Il gol del secolo… è la Mano de Dios

Mano de Dios

Oggi, 33 anni fa, veniva segnato il Gol del Secolo.

No, non parlo dei dodici tocchi coi quali Maradona scartò pure la Thatcher prima di gonfiare la rete inglese.
Per chi ama il Calcio, quello è il Gol del Secolo.

Per chi ama il Pallone, per quelli come me, il Gol del Secolo era stato segnato qualche minuto prima.

In quello c’era talento divino, dribbling, velocità, tecnica, freddezza.
In questo c’è cazzimma, grinta, vendetta, sangue sulle bandiere, antimperialismo, libertà.

Il Gol del Secolo, per gente come me, è la Mano de Dios.
Segnato oggi.
33 anni fa.

Teste Matte

teste matte

Ero dodicenne o poco più. Diego non stava già più all’ombra del Vesuvio. Era una di quelle domeniche in cui mio padre lavorava e al Tempio mi ci portava un parente o un amico di famiglia.

Curva A. Avevamo fatto tardi. Entrammo di corsa e di corsa andammo a pisciare, prima di salire sugli spalti.
Uscii dal cesso e fui assalito da un boato spaventoso. E bellissimo. Una cinquantina di persone stava salendo le scale che portano all’anello superiore.
Compatti. Nel cantare e nel camminare. Gesticolavano a tempo. Quei pugni roteavano nell’aria accompagnati da grida di battaglia. Erano fieri, persino ordinati, incutevano timore. Nessuno indossava maglie del Napoli. Nemmeno una sciarpetta o un berretto. Niente.
Eppure si vedeva lontano un chilometro che erano partenopei.

– Chi sono?
Il mio accompagnatore mi rispose senza togliere lo sguardo da quell’armata.
– Sono le Teste Matte. Sono ultras.
– Ah si? Strano… Non indossano niente del Napoli. Non capisco.
Lui mi guardò come si guarda un bambino cresciuto pensando agli Ultras come ai protagonisti di “Quel ragazzo della curva B”. Mi mise una mano sulla testa.
– Nun può capì. Nun può capì ‘e Teste Matte.

Napoli. Siamo. Noi.

Napoli Siamo Noi

Roma ha la Roma. E la Lazio.
Torino ha il Torino. E quelli là.
Milano è nerazzurra, ma anche rossonera.
Liverpool? 2 squadre.
Come Manchester. Barcellona. Madrid. Glasgow. Berlino. Amburgo.
Di Londra e Mosca non ne parliamo proprio. I derby si sprecano.

Tutte le più grandi città europee hanno almeno due squadre. Tutte, tranne Parigi.

E Noi. Noi siamo Noi, e basta. Per noi il derby è un succo di frutta. Noi siamo Napoli, tifosi della maglia e della città. Con buona pace dei politici, in giacca o in felpa, e dei protagonisti del calcio. Sia quelli in campo, sia quelli in panchina, sia quelli indegnamente seduti dietro la scrivania.

Napoli.
Siamo.
Noi.

Chiudiamola qui

Sarri_Luce

Tante cose ci sarebbero da dire.
Molte delle quali sono irripetibili, perché a rischio denuncia.
E perché il disgusto può annebbiare la mente.

Ai benpensanti piace credere che Amore e Odio siano complementari.
Come Yin e Yang.
A me hanno insegnato che sono antitetici.
Come Bianco e Nero.

Ammetto una colpa, una sola:
l’aver derogato al principio cardine di chi vive il calcio, e non solo, come lo vivo io.
Quel principio che recita “Solo la Maglia”.
Ho derogato a quel principio in nome di un qualcosa che evidentemente non esisteva.
E stamattina ne ho avuto la prova definitiva.
Era un film Luce, come diceva mio nonno quando si riferiva a qualcosa di totalmente inventato, di inesistente.

L’attuale allenatore di quelli là è stato il mio film Luce.
L’ultimo film Luce.
Il più bello, ma il più falso.
E adesso è arrivato il momento di farla finita coi film Luce.

Chiudiamola qui.

Scusaci, Raul

Raul Albiol2

Scusaci, Raul.
Anche se non dovremmo essere noi a chiederti scusa, ma quel cafone che ha l’onore di essere presidente del Napoli. Onore del quale non può rendersi conto, affogato dal suo ego smisurato.

Le scuse te le facciamo noi al posto del proprietario del Bari.
Sentire che un professionista serio e umile come te ci fa “solo una cortesia” ad andare via da Napoli e a tornare in Spagna, è un cazzotto nello stomaco. Il calcio dovrebbe premiare giocatori come te, esempio per i giovani scugnizzi che cominciano a calpestare gli sconnessi campi di gioco e a sognare di poter indossare un giorno la camiseta azul.

In un’epoca in cui i calciatori fingono depressioni pur di accasarsi da altre parti, oppure fuggono di notte e vanno a fare le visite mediche all’estero, o addirittura mandano in avanscoperta procuratori e mogli, un giocatore che chiede semplicemente di essere ceduto senza macelli mediatici e con l’unico fine di tornare a casa (a 34 anni) andrebbe portato come esempio.
Così si fa, quando si sente che la propria esperienza di lavoro e di vita è giunta al termine: si chiede di essere ceduti. Senza montare casini, senza pennivendoli usati all’uopo, senza post fiammeggianti sui social. A bocce ferme, coi campionati fermi, quando non si possono creare problemi.

No, non ci fai una cortesia ad andartene. Non sarà facile trovare uno come te, in campo e fuori.
Ma certi cafoni che farebbero bene a parlare il meno possibile, certi pezzenti sagliuti con una concezione di sé superiore alla decenza, non lo capiranno mai.

Buona ciorta, Raul.

A testa alta

a testa alta

In ogni stadio.
In qualsiasi giorno.
A qualunque ora.
Contro ogni avversario.
Nonostante abusi e repressione, menzogne e tradimenti.
Indipendentemente dal risultato.

Gli unici sempre presenti.
E sempre a testa alta.

Mai più la 10 a qualcuno

James_Rodriguez

Non ha ancora la sacra maglia addosso.
Non è nemmeno ufficiale.
Eppure i papponcini già stanno infestando l’aria con la più idiota delle domande:
“Gli dareste la 10?”.

A questi esemplari belanti, a questi vespasiani ambulanti, a queste capre bipedi vogliamo ricordare una banalità: la 10 non si darà a nessuno.
N-E-S-S-U-N-O.

Ci hanno costretto a usarla negli anni della C.
Fino a che sarà possibile scegliere i numeri di maglia, la 10 non dovrà più essere assegnata.

Mai più.

Questione di appartenenza

Questione di appartenenza

A volte non sei tu a scegliere quei colori.
A volte sono loro a scegliere te.

Si tuffano nei tuoi occhi, vibrano nel tuo stomaco, palpitano nel tuo cuore.
Li vedi intorno a te, sui muri della città, appesi ai balconi del quartiere o stretti al collo, incollati agli zaini degli scugnizzi e ai pali della luce.

Quei colori diventeranno i tuoi colori. E lo saranno per sempre, riempiendo le tue giornate nel grigiore di un mondo in bianco e nero.

Per quei colori ti emozionerai, lotterai, piangerai.
Non sarà mai un motivo di convenienza, ma sempre e solo una questione di appartenenza.

4 agosto a Marsiglia

Marseille

Non è ancora ufficiale, ma è molto probabile.
Il prossimo 4 agosto si disputerà una amichevole tra O.Marsiglia e Napoli, al Velodrome, in occasione dei 120 anni dalla fondazione della squadra francese.

Marsiglia.
Non certo ricordi felici.
Coppa Campioni, 2013.
La loro polizia.
Le sassaiole.
Quello stadio pericolante.
Il dopo gara.

In campo un Napoli tutto azzurro.
Maglia, pantaloncini e calzerotti.
Due lampi: uno ispanico e uno colombiano.
Quest’ultimo a girare, sul secondo palo.
Nell’angolo vicino al settore ospiti.