Viva gli Ultras, ultimo baluardo

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Gli unici sempre fedeli. Presenti ovunque, in qualsiasi categoria, sempre e solo per sostenere ciò che viene quasi quotidianamente infangato da presidenti, calciatori e allenatori: la Maglia.

Il Calcio è un business? Anche. Non solo. Non per tutti. Non per i bambini che giocano a pallone nei parchi, nelle piazze, nelle strade, nelle piccole scuole calcio di provincia.
E poi il week end si mettono nelle orecchie dei papà, per essere portati al Tempio.

Bambini che un giorno difficilmente diventeranno calciatori. Ma per tutta la vita saranno tifosi, fedeli solo a quei colori. E magari saranno lì, in curva. In casa e fuori. Dietro quegli striscioni. A perdere la voce.

Viva gli ultras, ultimo baluardo.

Mi pare si dica così…

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A qualcuno serviva l’ufficialità? Bene, è arrivata. Sarri sarà il prossimo allenatore di quelli là. A noi non serviva l’ufficialità: ci eravamo già accorti nei giorni scorsi che la trattativa sarebbe saltata solo per volontà di altri, non certo di Sarri.

Esulteranno i papponcini, che potranno buttare un altro po’ di merda su uno che è stato amato molto più del proprietario del Bari. Sono fatti così: quando l’amore dei napoletani è indirizzato a qualcuno di diverso dal Cinepresidente romano, quel qualcuno diventa un nemico. Potremmo far loro notare che se Chelsea e quelli là hanno puntato su Sarri forse il problema è di chi lo ha scaricato per manifesta invidia del pene, ma sarebbe inutile: i tifosi del Bilancio e i segaioli sui santini del proprietario del Bari hanno evidenti limiti di comprendonio.

Sarri ha deciso. Vuole riempire la bacheca, non solo il portafoglio. Quindi i cori di discriminazione razziale e geografica, gli arbitraggi scandalosi, i calendari aggiustati ad hoc, il vincere NON è l’unica cosa che conta, possono andare beatamente a fanculo. Anzi, adesso Sarri può tranquillamente cominciare a non vedere, a non sentire e a non capire. Come centinaia prima di lui.

“Sarri uno di noi”? Lo era. Lo è stato. Ha scelto di non esserlo più. Ora vuole essere uno di loro. Quello striscione aveva un senso e un valore. Oggi ha perduto il senso, non il valore: le curve partenopee non onorano facilmente una persona. Se lo fanno, vuol dire che quella persona se lo è meritato.
Il valore di quello striscione non riempie le bacheche, non genera plusvalenze, non gonfia il conto in banca.

Proprio per questo è immenso. Perché è figlio di un amore puro, privo di calcoli e convenienze.
E solo l’amore puro può essere tradito. Il resto è quello che dicono loro. “Professionismo”.

Mi pare si dica così.

P.S.
I tifosi del Napoli oggi sono tristi. Incazzati. Avvelenati.
Quelli che gioiscono sono tifosi del proprietario del Bari.

La libertà

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La libertà non è fare il cazzo che ti pare. Lo dovresti sapere, ormai. Perché a ogni tua azione corrisponde una reazione.
Non è filosofia di merda, no. È fisica. Il mondo gira così, tra un contropiede e l’altro.
E si può stare al mondo solo in due modi: in catene o liberi. No, non parlo di catene reali, di ferri più o meno arrugginiti messi da qualche divisa serva dello stato e confermati da qualche toga serva dello stato.
C’è più gente libera in galera che nelle tribune vip degli stadi di mezza Europa.
Parlo di catene mentali, di presunte certezze figlie del pregiudizio e madri di ogni giudizio. Sicurezze che danno insicurezza all’anima, portandoci a scegliere una comoda prigione dipinta di libertà da discount piuttosto che la scomoda estraneità alla massa.

Onore agli uomini realmente liberi. Agli estranei, agli eretici, agli eterodossi.

Per la Maglia, per la Città

Per la Maglia per la città

“Siamo tifosi del Napoli.
E siamo tifosi di Napoli.
Perché tra squadra e città
per noi c’è identità.
La Maglia non è moda o convenienza,
ma questione di viscerale appartenenza.”

Buona ciorta, Raul

Raul Albiol

Siamo ai saluti, Raul.
Te ne torni in Spagna.
Tante cose vorremmo dirti, rivedendo nella memoria le polaroid della tua vita in azzurro.

L’incornata al Genoa ci fece sognare. Il tuo urlo, i tuoi occhi ridotti a fessure, mentre tutto lo stadio esplodeva.

L’ultima con la Spal avrà sempre un posto speciale nel mio cuore: era l’esordio al Tempio di mio figlio. La prima volta che ha esultato al San Paolo è stato grazie a un tuo gol.

La maglia strappata col Verona. Le uscite palla al piede. Le chiusure decise e puntuali.

Tante cose vorremmo dirti, Raul.
Perché “Grazie” sarebbe troppo poco.
Noi onoriamo solo la maglia, non chi la indossa. Perché i calciatori passano, la maglia resta.
Ma quando ci troviamo di fronte ad un uomo che ha onorato la camiseta azul, non possiamo che rendergli onore.
E salutarlo.

Buona ciorta, Raul.

Ultimo baluardo

Ultimo Baluardo

I calciatori, gli allenatori, i dirigenti, i presidenti.
Tutti possono tradire, baciare maglie già abbandonate, giurare fedeltà già infedeli.

Solo loro non tradiscono mai.
Mai.

Ultimo baluardo di irriducibile fedeltà.

Su di voi

sediolini san paolo

Eravate brutti.
Scomodi.
Fatiscenti.
Luridi.
Divelti.
Spaccati.

Ma su di voi abbiamo esultato.
Ci siamo abbracciati.
Abbiamo pianto.

Chi ama non dimentica.

Decreto sicurezza bis: meno diritti anche allo stadio

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Il problema è serio.
Decenni di repressione indiscriminata, di inutili tessere del tifoso, di caro biglietti, di articoli 9 e altre amenità, non sono evidentemente bastate al Sistema Calcio.
Postiamo qui due contributi, entrambi “firmati” dall’avvocato napoletano Emilio Coppola, tra i più noti e competenti esperti di leggi riguardanti la vita da stadio e il calcio in generale.

Il sedicente decreto sicurezza bis è un pericoloso peggioramento delle libertà individuali e collettive. Ovviamente, anche il mondo del tifo, organizzato o meno, è sotto la lente di ingrandimento di questo ennesimo tentativo di repressione di un movimento sociale che, al netto di errori e contraddizioni, rappresenta comunque l’ultimo baluardo al sacrificio del Calcio sull’altare del Profitto.

Vi invitiamo, quindi, ad ascoltare attentamente quanto riportato in questo video:

e poi a leggere quanto riportato in questo articolo, tratto dal sito Identità Insorgenti:

Su sollecitazione di molti che mi hanno chiesto cosa cambia nelle manifestazioni sportive dopo il decreto sicurezza bis, decreto che nasceva per contrastare una serie di fenomeni sull’immigrazione clandestina e per lo svolgimento imminente delle Universiadi a Napoli.

Non entro nel merito delle due questioni ma affronto quello che è disciplinato dal decreto sicurezza bis al capo tre, ossia le disposizioni urgenti in materia di contrasto alla violenza in occasioni di manifestazioni sportive: è stato infatti completamente riformato l’articolo 6 della legge 401/89 che era l’articolo cardine che disciplinava il Daspo. Nella nuova formulazione viene estesa la possibilità ai questori e al personale di polizia di emanare Daspo per i soggetti non solo denunciati ma anche per quei soggetti che abbiano incitato o inneggiato o indotto alla violenza. Questo chiaramente è un’estenzione discrezionale estensiva dei poteri dei questori che possono censurare alcuni comporamenti e magari tollerarne degli altri. Avremo il rischio concreto che qualche questura in Italia, nel prossimo campionato, possa daspare soggetti che magari si sono resi responsabili del gesto dell’ombrello verso il tifoso avversario, dicendo che quel comporamento che in un certo senso può indurre alla violenza. Quindi una novità introdotta che mi sento di poter criticare foremente per la discrezionalità a cui si espone. Inoltre vi è la possibilità di emanare Daspo per una condotta singola o di gruppo tenuta all’estero e non solo per episodi violenti ma anche per episodi che possono indurre alla violenza. Quindi basta andare a bere nel pub sbagliato all’estero con i propri amici con la digos che segue la tifoseria all’estero che fa rapporto in questura per avere il Daspo da parte della Questura dove si risiede.

Inoltre viene estesa la possibilità di emanare Daspo non solo nei confronti di soggetti che si rendono responsabili di delitti o che comunque vengono denunciati in occasione di manifestazioni sportive ma anche di soggetti che vengono denunciati per la legge sulle armi e per le risse, non in occasioni di manifestazioni sportive ma nella vita di tutti i giorni. Quindi se domani vi vedete con i vostri amici fuori ad un locale e venite purtroppo coinvolti in una rissa sappiate che i Questori hanno la possibilità di emanare il Daspo nei vostri confronti.

E veniamo a un punto molto dolente della nuova disciplina che è l’aumento della durata del Daspo per i recidivi che non sarà più da 5 a 8 anni come prevedeva la legge Renzi-Alfano ma sarà da 6 a 10 anni. Quindi va fatta molta attenzione alla riabilitazione amministrativa: lì dove siano trascorsi 3 anni dallo scadere del Daspo e non ci si è resi responsabili di ulteriori reati o denunce, va chiesta la riabilitazione amministrativa alla questura di competenza, con i propri legali o direttamente in questura: un consiglio che mi sento di dare perché entrare oggi in nello scaglione dei recidivi significa la morte del tifoso.

Inoltre il decreto sicurezza bis istituzionalizza la figura del “tifoso spione” ossia chiunque viene daspato se collabora nell’indentificazione di soggetti che magari si sono resi responsabili in gruppo di alcune condotte può avere un trattamento sanzionatorio diverso o addirittura la revoca del provvedimento, anche lì dove si ripara il danno creato – e questo potrebbe avere una logica, mentre la prima mi pare un po’ fuori dalle righe. Inoltre viene estesa la possibilità di fare il daspo ai soggetti sottoposti a misure di prevenzione. C’è inoltre una parte che riguarda la materia dei rapporti tra società e tifosi e viene fatto assoluto divieto alle società di concedere biglietti a titolo agevolato o gratuito, titoli di viaggio – basti pensare alle tifoserie che seguono le coppe europee – ai soggetti destinatari di Daspo. Quindi le società le società che affrontano le coppe europee, ad esempio che vogliono organizzare un charter, non possono affidarsi a tifosi daspati. Viene inoltre equiparato l’arbitro a un incaricato di pubblico servizio estendendo la sei quater della legge 401/89.

Altra novità importante è che viene introdotta un aggravante del codice penale sull’articolo 61 che riguarda appunto le aggravanti, viene data la possibilità di contestare questa aggravante quando il reato viene commesso durante le manifestazioni sportive.

Inoltre vengono estese le possibilità di fermi per gli indiziati di reato e – udite, udite – l’unico sistema che stava funzionando attualmente nel nostro sistema di procedura penale, quella dell’ipotesi di particolare tenuità, che ha fatto sì che sia io che molti colleghi siamo riusciti ad ottenere questa pronuncia da parte dei tribunali nelle ipotesi come ad esempio l’introduzione di una torcia all’interno dello stadio, oggi l’ipotesi di particolare tenuità per lo stadio non è più ravvedibile.

Credo che sia questa la novella più significativa del decreto sicurezza bis in materia di manifestazioni sportive. Questo è quello che ha voluto il ministro dell’Interno, quello che qualche mese fa stringeva la mano a un tifoso di un’altra squadra definendosi amico degli ultras.

Ora al di là delle idee politiche di ognuno, il mio auspicio è che questa materia non venga disciplinata con questi colpi di mano improvvisi e continui ma che si metta mano veramente, ad esempio levando ai questori il potere di daspare, che andrebbe lasciato ai giudici, come avviene in Inghilterra, cosa che nessuno dice affinché ci sia un contraddittorio pieno prima dell’emanazione di un Daspo.

Questo, intanto, è lo Stato di Polizia che ci sarà nel prossimo campionato dalle prime informazioni arrivate. Naturalmente vigileremo e seguiremo gli sviluppo di questa materia.

Avvocato Emilio Coppola

Away days: Roma

Napoli_Lazio_fedayn

Lazio vs NAPOLI.
1993/94.

Giornata turbolenta…

Colombia partenopea

Gonzalo_Martinez

Gira questa voce, da giorni.
James Rodriguez al Napoli.
E’ possibile? Pare di si.
E’ probabile? Pare di no.
Staremo a vedere.

Napoli è una città sudamericana fuori dal Sudamerica.
Questo narra la leggenda, questo dice la storia.
Città ideale soprattutto per gli argentini, ma anche per brasiliani come Antonio de Oliveira Filho, Ricardo Rogério de Brito o Luís Vinícius de Menezes – che a Napoli ci vive ancora.

E i colombiani? Si, anche loro si sono trovati bene a Napoli. Almeno stando a sentire i loro racconti di quando giocavano al San Paolo.
Il primo fu Freddy Eusebio Rincon, 27 partite e 7 gol in un solo anno, prima di andare a vincere una Coppa Campioni a Madrid, sponda merengues.
L’ultimo colombiano in maglia azzurra, escludendo il portiere David Ospina, è stato Camilo Zuniga, che oggi se la spassa sulle spiagge di mezzo mondo in compagnia di donne sempre molto procaci.
Uno da cui ci si aspettava molto era Pablo Armero, soprannominato da molti “30 sul campo”, anche se il riferimento non era agli scudetti che la Juventus festeggiava in barba alle sentenze…
Uno che aveva forse bisogno di qualche chance in più era Duvan Zapata, reduce da una grande stagione con l’Atalanta e da buone annate con Samp e Udinese.

Ma nel mio cuore c’è un altro colombiano. Visto e vissuto negli anni più belli: quelli tra l’adolescenza e l’età adulta.
Purtroppo per me, sono stati gli anni peggiori del Napoli Calcio, conclusi infatti col fallimento.
Era un laterale (perché non si è mai capito se fosse terzino, ala o guardalinee). Macinava chilometri sulla fascia, spesso dimenticando il pallone dietro di sé.
Aveva un piede morbido, morbidissimo, praticamente un mattone.
In 32 presenze in maglia azzurra non ha mai segnato un gol e forse avrà ingarrato tre cross a voler essere gentili.
I suoi strappi incendiavano il San Paolo in anni talmente bui che, quando c’era una punizione dal limite, si invocava il nome di Gianluca Luppi, non certo Cruz, Mihailovic o Pirlo.

Questo colombiano si chiamava, e si chiama tuttora, Gonzalo Martinez, ‘O Nirone. Quando penso ad un giocatore colombiano in camiseta azul, il primo pensiero va a lui.
Anche per questo, James, vedi di muoverti.
Jamme bell.

Lì in mezzo

stendardi

Non si tratta di romanticismo, no.
Manco per il cazzo.

Si tratta di sentirsi davvero fratelli nonostante madri diverse.

Si tratta di sentirsi al sicuro, lì in mezzo.
Di sapere che puoi contare su chi ti sta a fianco.
E che lui può contare su di te.

Italia – Bosnia

Lorenzo Insigne

Lorenzo ne ha messa un’altra dentro.

Un golazo, direbbe Core ‘ngrato.

A cui si aggiunge un assist. In quello stadio là.

E come sempre quando gioca la nazionale italiana, la memoria corre ad onorare la Squadra Esterna 2 di Napoli.

Esseri mitologici. Non solo per la RAI.

Away days: Belgrado

Away Days

Sogni, realtà, coerenza e mentalità

Stadio San Paolo Restaurato

Da qualche giorno è possibile apprezzare l’avanzamento dei lavori di ristrutturazione del Tempio.
Il timore che si realizzasse una schifezza ultramoderna e senza anima era dietro l’angolo. La volontà dei Padroni del Pallone di trasformare gli stadi in salotti costosissimi è nota e non passa giorno che qualcuno, tra cui il proprietario del Bari, non ci ricordi che l’epoca dei settori popolari e dei prezzi per i ceti meno abbienti è prossima a finire.
La partita di calcio deve diventare uno spettacolo per 50 mila persone al massimo, comodamente seduti su morbide poltroncine per almeno due ore, al costo di una cinquantina di euro a cranio (per quanto concerne la curva, ossia il settore meno caro…).

Temevo, temevamo l’infausto tentativo di stravolgere il San Paolo, di fare le prove generali della trasformazione dello Stadio in Teatro. Invece le prime immagini che ci arrivano da Fuorigrotta ci riempiono gli occhi di gioia e di emozione. La ristrutturazione ha lasciato allo stadio l’odore… dello stadio. Nessun teatro, nessun salotto, nessun luogo dedicato ai soci di qualche fottuto club esclusivo. L’essenza del Tempio non pare minimamente stravolta, ma addirittura amplificata, dai nuovi sediolini e dalla splendida pista di atletica colorata d’azzurro (anche se personalmente preferisco gli stadi senza pista, ma vabbé). A breve vi saranno anche maxischermi, finalmente.

Adesso non rimane che riempire questo Tempio restaurato.
Riempirlo di sogni e di realtà.
Riempirlo di coerenza e mentalità.

Away days: Milano

Napoli_Milan_109

San Siro.
Milan vs NAPOLI.
1981/82.

Ricordi di calciomercato

Schwoch

Arriva. Vedrai che arriva. Magari arriva.
Se arriva sarà scudetto. O almeno saremo competitivi.
Se arriva riempiamo il San Paolo. Le altre squadre verranno al Tempio e poseranno i punti.

Il calciomercato è così. Sogni che meritano di essere sognati, indipendentemente dal fatto che saranno o meno realizzati. Giornate sotto l’ombrellone e serate a farsi una birra con gli amici, a immaginare giocatori con addosso la sacra casacca azzurra. Sperando che la lascino azzurra, senza innesti strisciati, colorati, graffiati e vomitati…

Eppure ci fu un’estate in cui il mio sogno di tifoso non riguardava l’arrivo di un nuovo fuoriclasse, di un vate del campo. Il mio sogno era legato alla permanenza di un calciatore. Uno che radiomercato dava sicuro in partenza, ma io non volevo rassegnarmi.

Lo avevo amato, quel calciatore. Visceralmente amato, nei 18 mesi passati all’ombra del Vesuvio. E, come me, lo avevano amato in tanti, tantissimi. Non tanto per quello che aveva fatto, che era comunque tantissimo, ma soprattutto per quello che era stato: un capellone con la fascetta nei capelli, lo scatto fulmineo, la palla incollata al piede, un senso del gol fuori dal comune.
E quei secondi, quei minuti interi trascorsi a prendere calci vicino alla bandierina del corner, quando il risultato era uno striminzito vantaggio e il cornuto col fischietto ancora non ne voleva sapere si soffiare il triplice fischio.

Passai quell’estate andando ogni mattina a spulciare le edicole che incontravo nel tragitto fino agli scogli puteolani. Una per una, me le facevo tutte. Perché magari la prima esponeva il CorSport, mentre per leggere la prima pagina della Gazzetta dovevo raggiungere la seconda e per vedere quella del Mattino o del Roma doveva incrociare la terza.

Se nessun titolo riportava notizia della cessione, allora la mattinata cominciava bene e i tuffi a piett ‘e palummo venivano certamente meglio del solito.

Poi una mattina arrivò la doccia gelata. Non gli era stato rinnovato il contratto. Avrebbe indossato un’altra gloriosa casacca, di colore granata. E sarebbe restato in serie B. Il mio Napoli, neopromosso in serie A soprattutto grazie a quel bolzanino che a Napoli non ci voleva proprio venire e poi a Napoli ha fatto addirittura nascere suo figlio (il 30 ottobre, il nostro Natale…), aveva deciso di fare a meno dei suoi gol. E delle sue giocate. E di quei calci presi vicino alla bandierina, durante il recupero.
Quella mattina, lo ricordo come se fosse oggi, raggiunsi i compagni a mare col cuore amareggiato.
Pure il cielo, quella mattina, fu d’accordo con me. Perché chiamò le nuvole e le sistemò proprio sopra il golfo più bello del mondo.
E fece venire a piovere.

Merda atipica

Arbitro cornuto

Verrebbe voglia di spaccargli la faccia, lo so.
E’ la stessa voglia che avevamo dopo la finale di Pechino, quando tutto il Mondo ha visto l’infame furto che subimmo proprio grazie a questa sottospecie di uomo vestito da arbitro.
E’ la stessa voglia che avevamo quando non ha interrotto la partita di San Siro a seguito dei vergognosi cori razzisti contro un nostro calciatore, molto prima che venisse giustamente espulso.
E’ la stessa voglia che avevamo quando arbitrava, con quel suo passo da stambecco con un palo nel culo. Quel suo fare autoritario con chi non conta niente e ossequioso con il Potere.

Verrebbe voglia di sputargli in un occhio, lo so.
Quando apertamente dichiara che, nel dubbio, tra il capitano della Juve e i giocatori del Genoa, ha creduto al primo, regalando un rigore per un fallo commesso un metro fuori area.
Quando dice che Marek Hamsik, il nostro ultimo capitano, uno dei calciatori più tranquilli e più rispettosi dell’intero campionato, uno che non ha mai alimentato polemiche e ha sempre mantenuto un profilo basso, era il calciatore che tollerava di meno, che gli stava più antipatico. Cose ‘e pazz.

Verrebbe voglia di pestarlo, lo so.
Ma non converrebbe farlo, per due motivi.
Il primo, perché non merita nemmeno il rischio di una denuncia.
E poi perché è una merda atipica:
non porta fortuna manco se la pesti.

La maglia

 

Maglia_Cirio

La prima maglia di cui ho memoria era azzurra.
Con la scritta CIRIO in mezzo al petto.
Mio padre me la portò al ritorno da un turno pomeridiano di lavoro.
Mi disse che l’aveva comprata a Piazza Garibaldi.
Piazza Omm ‘e merd, come abbiamo imparato a chiamarla noi napoletani che abbiamo riscoperto un po’ della nostra storia. Ma questo al momento non ci interessa.

La mia epidermide ricorda ancora la sensazione. Quella sensazione.
Lo strofinio di quella maglia sul mio corpicino.
Un tessuto, che forse non esiste più, scorse dalla testa fino al bacino.
Avevo gli occhi chiusi davanti allo specchio. Quando li riaprii, mi vidi calciatore del Napoli.

Quella maglia era azzurra.
Non blu, celeste, camouflage, con artigli da pantera o simil jeans.
Era azzurra.

In questi giorni stanno cominciando a girare indiscrezioni sulla maglia del Napoli per la prossima stagione. Pare che non ci sarà più il riferimento alla pantera. Pare che uno sponsor verrà sostituito da un altro. Pare che ci saranno strisce bianche sulle spalle. Pare che il colore sarà più vicino al blu che all’azzurro. Pare. Pare. Pare.

Questioni di marketing. Questioni di merchandising. Questioni di cazzi loro.
Io ribadisco quello che ho sempre pensato e sostenuto: se si vuole fare qualcosa di diverso, di più audace, di innovativo, esiste la terza maglietta. La facciano rossa, arancione, pixellata, con le pantere, con le zoccole, color vomito o color diarrea. Non me ne frega un cazzo.
Ma la prima maglia deve essere azzurra, completamente azzurra, con numerazione bianca.
E la seconda deve essere bianca, con numerazione azzurra.
Punto.