Muri puliti, popoli muti

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Muri puliti, popoli muti.
Lo diceva un vecchio adagio, lo conferma la quotidianità.
È un tema spinoso, certo: i tutori del presunto decoro cittadino sono sempre in prima fila ad auspicare repressione e pene severe per i “vandali della bomboletta”.

Non so.
Personalmente trovo più indecoroso un palazzo fatiscente, un marciapiede scassato, l’immondizia in strada.
E non poche volte mi è capitato di trovare sui muri splendidi dipinti e eccezionali frasi.

Prendete questo muro, ad esempio.
Cosa cazzo sarebbe senza quelle scritte? Semplicemente un muro. Un grigio, grattugiato, lurido muro di città.
Grazie a quelle scritte, diventa un monumento: a un Ideale, a un movimento, a un modo di essere, a uno stile di vita.

Un monumento all’amore puro, senza compromessi.
L’Amore Ultras.

Fate parlare i muri, fratelli.
Difendete la loro voce.
Perché provano a zittirci in ogni modo.
Rendiamogli la cosa difficile.

Né rosso, né nero. Azzurro.

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Una curva è grande se è compatta.
La compattezza è tutto. Serve per sostenere, per coinvolgere, per difendersi da avversari e blu.

La politica distrugge la compattezza di una curva. Ci sono gruppi ultras più adatti alla balaustra di Montecitorio che a quella dello stadio. Ci sono curve in cui le croci celtiche o i Che Guevara superano le bandiere coi colori sociali. E questo non va bene.

Ognuno voti per chi cazzo vuole. O non voti proprio, chi se ne fotte.
Chi scrive, ad esempio, ritiene che l’unico fascio buono è il fascio di friarielli. Ma al Tempio io sono sempre andato con un unico Ideale nella testa e nel cuore: la Maglia.
E sono orgoglioso che in curva A e B non ci siano riferimenti politici.
Nessuno si sogna di fare i buuu razzisti ai calciatori di colore. Nessuno si mette a inneggiare a Stalin o Mussolini.

Allo stadio si sostiene il Napoli.
Che non è rosso, né nero.
È azzurro.

Mastino

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Cane ‘e presa.
Questo è il nome con cui l’ho conosciuto, tanti anni fa.
Abbaiava, ringhiava a chiunque provava a mettere piede in casa sua.
Amichevole e leale con chi gli era amico.
Non lo facevi fesso, manco per il cazzo.
Era molto più intelligente di quanto sembrasse.
E sapeva essere spietato, quando c’era da combattere.

Mastino.
Mastino napoletano.
Così lo chiamano.

Teste Matte

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Ero dodicenne o poco più. Diego non stava già più all’ombra del Vesuvio. Era una di quelle domeniche in cui mio padre lavorava e al Tempio mi ci portava un parente o un amico di famiglia.

Curva A. Avevamo fatto tardi. Entrammo di corsa e di corsa andammo a pisciare, prima di salire sugli spalti.
Uscii dal cesso e fui assalito da un boato spaventoso. E bellissimo. Una cinquantina di persone stava salendo le scale che portano all’anello superiore.
Compatti. Nel cantare e nel camminare. Gesticolavano a tempo. Quei pugni roteavano nell’aria accompagnati da grida di battaglia. Erano fieri, persino ordinati, incutevano timore. Nessuno indossava maglie del Napoli. Nemmeno una sciarpetta o un berretto. Niente.
Eppure si vedeva lontano un chilometro che erano partenopei.

– Chi sono?
Il mio accompagnatore mi rispose senza togliere lo sguardo da quell’armata.
– Sono le Teste Matte. Sono ultras.
– Ah si? Strano… Non indossano niente del Napoli. Non capisco.
Lui mi guardò come si guarda un bambino cresciuto pensando agli Ultras come ai protagonisti di “Quel ragazzo della curva B”. Mi mise una mano sulla testa.
– Nun può capì. Nun può capì ‘e Teste Matte.

Napoli. Siamo. Noi.

Napoli Siamo Noi

Roma ha la Roma. E la Lazio.
Torino ha il Torino. E quelli là.
Milano è nerazzurra, ma anche rossonera.
Liverpool? 2 squadre.
Come Manchester. Barcellona. Madrid. Glasgow. Berlino. Amburgo.
Di Londra e Mosca non ne parliamo proprio. I derby si sprecano.

Tutte le più grandi città europee hanno almeno due squadre. Tutte, tranne Parigi.

E Noi. Noi siamo Noi, e basta. Per noi il derby è un succo di frutta. Noi siamo Napoli, tifosi della maglia e della città. Con buona pace dei politici, in giacca o in felpa, e dei protagonisti del calcio. Sia quelli in campo, sia quelli in panchina, sia quelli indegnamente seduti dietro la scrivania.

Napoli.
Siamo.
Noi.

Scusaci, Raul

Raul Albiol2

Scusaci, Raul.
Anche se non dovremmo essere noi a chiederti scusa, ma quel cafone che ha l’onore di essere presidente del Napoli. Onore del quale non può rendersi conto, affogato dal suo ego smisurato.

Le scuse te le facciamo noi al posto del proprietario del Bari.
Sentire che un professionista serio e umile come te ci fa “solo una cortesia” ad andare via da Napoli e a tornare in Spagna, è un cazzotto nello stomaco. Il calcio dovrebbe premiare giocatori come te, esempio per i giovani scugnizzi che cominciano a calpestare gli sconnessi campi di gioco e a sognare di poter indossare un giorno la camiseta azul.

In un’epoca in cui i calciatori fingono depressioni pur di accasarsi da altre parti, oppure fuggono di notte e vanno a fare le visite mediche all’estero, o addirittura mandano in avanscoperta procuratori e mogli, un giocatore che chiede semplicemente di essere ceduto senza macelli mediatici e con l’unico fine di tornare a casa (a 34 anni) andrebbe portato come esempio.
Così si fa, quando si sente che la propria esperienza di lavoro e di vita è giunta al termine: si chiede di essere ceduti. Senza montare casini, senza pennivendoli usati all’uopo, senza post fiammeggianti sui social. A bocce ferme, coi campionati fermi, quando non si possono creare problemi.

No, non ci fai una cortesia ad andartene. Non sarà facile trovare uno come te, in campo e fuori.
Ma certi cafoni che farebbero bene a parlare il meno possibile, certi pezzenti sagliuti con una concezione di sé superiore alla decenza, non lo capiranno mai.

Buona ciorta, Raul.

A testa alta

a testa alta

In ogni stadio.
In qualsiasi giorno.
A qualunque ora.
Contro ogni avversario.
Nonostante abusi e repressione, menzogne e tradimenti.
Indipendentemente dal risultato.

Gli unici sempre presenti.
E sempre a testa alta.

Mai più la 10 a qualcuno

James_Rodriguez

Non ha ancora la sacra maglia addosso.
Non è nemmeno ufficiale.
Eppure i papponcini già stanno infestando l’aria con la più idiota delle domande:
“Gli dareste la 10?”.

A questi esemplari belanti, a questi vespasiani ambulanti, a queste capre bipedi vogliamo ricordare una banalità: la 10 non si darà a nessuno.
N-E-S-S-U-N-O.

Ci hanno costretto a usarla negli anni della C.
Fino a che sarà possibile scegliere i numeri di maglia, la 10 non dovrà più essere assegnata.

Mai più.

Questione di appartenenza

Questione di appartenenza

A volte non sei tu a scegliere quei colori.
A volte sono loro a scegliere te.

Si tuffano nei tuoi occhi, vibrano nel tuo stomaco, palpitano nel tuo cuore.
Li vedi intorno a te, sui muri della città, appesi ai balconi del quartiere o stretti al collo, incollati agli zaini degli scugnizzi e ai pali della luce.

Quei colori diventeranno i tuoi colori. E lo saranno per sempre, riempiendo le tue giornate nel grigiore di un mondo in bianco e nero.

Per quei colori ti emozionerai, lotterai, piangerai.
Non sarà mai un motivo di convenienza, ma sempre e solo una questione di appartenenza.

4 agosto a Marsiglia

Marseille

Non è ancora ufficiale, ma è molto probabile.
Il prossimo 4 agosto si disputerà una amichevole tra O.Marsiglia e Napoli, al Velodrome, in occasione dei 120 anni dalla fondazione della squadra francese.

Marsiglia.
Non certo ricordi felici.
Coppa Campioni, 2013.
La loro polizia.
Le sassaiole.
Quello stadio pericolante.
Il dopo gara.

In campo un Napoli tutto azzurro.
Maglia, pantaloncini e calzerotti.
Due lampi: uno ispanico e uno colombiano.
Quest’ultimo a girare, sul secondo palo.
Nell’angolo vicino al settore ospiti.

Ultimo baluardo

Ultimo Baluardo

I calciatori, gli allenatori, i dirigenti, i presidenti.
Tutti possono tradire, baciare maglie già abbandonate, giurare fedeltà già infedeli.

Solo loro non tradiscono mai.
Mai.

Ultimo baluardo di irriducibile fedeltà.

Su di voi

sediolini san paolo

Eravate brutti.
Scomodi.
Fatiscenti.
Luridi.
Divelti.
Spaccati.

Ma su di voi abbiamo esultato.
Ci siamo abbracciati.
Abbiamo pianto.

Chi ama non dimentica.

Away days: Roma

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Lazio vs NAPOLI.
1993/94.

Giornata turbolenta…

Away days: Belgrado

Away Days

Away days: Milano

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San Siro.
Milan vs NAPOLI.
1981/82.

Sulla balaustra arrugginita dell’Ideale

Balaustra

Continuate, continuate pure.
A dare credito a chi dice che ADL e Ancelotti sono arrivati quasi alle mani. Che il mercato del Napoli sarà spumeggiante, anzi sparagnino, anzi miez e miez.
Continuate a litigare sulle bombe di mercato, sulle indiscrezioni di spogliatoio e sulle rivelazioni del pennivendolo di turno.
Continuate a farvi dividere sui furti dei faretti nel cesso della curva, dando le colpe agli ultras (?) o ai napoletani come popolo (???).
Continuate a dire che ha ragione Salvini, magari tra un po’ direte che aveva ragione pure Lombroso. Continuate a prestarvi alla sociologia da quattro soldi, agli odiatori radiofonici unti e bisunti, agli antropologi falliti di stocazzo.
Continuate, continuate pure. Io non partecipo a questo gioco infame.
Me ne resto qui, sulla balaustra arrugginita dell’Ideale.
Dalla parte opposta del campo.

Bologna – Napoli, ultima stagionale

Solitudine

Termina con una sconfitta una stagione che ci ha fatto stringere poche volte le viscere. Sempre troppo dietro i padroni del vapore, sempre troppo avanti a quelli che domani si giocheranno l’accesso alla Coppa dei Campioni. Poche emozioni, poche incazzature, poche esaltazioni, poche delusioni.

Termina con una sconfitta la prima stagione di Ancelotti. Un leader calmo, per riprendere il titolo di un suo libro. Un ottimo gestore di gruppi, a vedere la sua storia in panchina e a interpretare il suo palmares. Abbiamo visto quasi tutti i giocatori della rosa, e forse abbiamo capito perché in passato avevano giocato poco.

Termina la prima stagione senza il Comandante. Molti ne hanno sentito la mancanza durante le partite. Altri, tra cui il sottoscritto, soprattutto quando il pallone non rotolava in campo. Si era arrivati ad un livello di partecipazione e di immedesimazione tra squadra e tifosi che raramente si è vista sul globo terracqueo, nei due secoli scarsi di Storia del Pallone.

Termina una stagione in cui la distanza tra Società Sportiva Calcio Napoli e i propri tifosi più accaniti e più fedeli è diventata una voragine. Ciò che l’anno scorso era visceralmente unito come un sol Uomo, quest’anno è stato scientificamente diviso. La tifoseria è spaccata, quindi siamo tutti più deboli.

E più soli. Dannatamente più soli.