La maglia

 

Maglia_Cirio

La prima maglia di cui ho memoria era azzurra.
Con la scritta CIRIO in mezzo al petto.
Mio padre me la portò al ritorno da un turno pomeridiano di lavoro.
Mi disse che l’aveva comprata a Piazza Garibaldi.
Piazza Omm ‘e merd, come abbiamo imparato a chiamarla noi napoletani che abbiamo riscoperto un po’ della nostra storia. Ma questo al momento non ci interessa.

La mia epidermide ricorda ancora la sensazione. Quella sensazione.
Lo strofinio di quella maglia sul mio corpicino.
Un tessuto, che forse non esiste più, scorse dalla testa fino al bacino.
Avevo gli occhi chiusi davanti allo specchio. Quando li riaprii, mi vidi calciatore del Napoli.

Quella maglia era azzurra.
Non blu, celeste, camouflage, con artigli da pantera o simil jeans.
Era azzurra.

In questi giorni stanno cominciando a girare indiscrezioni sulla maglia del Napoli per la prossima stagione. Pare che non ci sarà più il riferimento alla pantera. Pare che uno sponsor verrà sostituito da un altro. Pare che ci saranno strisce bianche sulle spalle. Pare che il colore sarà più vicino al blu che all’azzurro. Pare. Pare. Pare.

Questioni di marketing. Questioni di merchandising. Questioni di cazzi loro.
Io ribadisco quello che ho sempre pensato e sostenuto: se si vuole fare qualcosa di diverso, di più audace, di innovativo, esiste la terza maglietta. La facciano rossa, arancione, pixellata, con le pantere, con le zoccole, color vomito o color diarrea. Non me ne frega un cazzo.
Ma la prima maglia deve essere azzurra, completamente azzurra, con numerazione bianca.
E la seconda deve essere bianca, con numerazione azzurra.
Punto.

Sulla balaustra arrugginita dell’Ideale

Balaustra

Continuate, continuate pure.
A dare credito a chi dice che ADL e Ancelotti sono arrivati quasi alle mani. Che il mercato del Napoli sarà spumeggiante, anzi sparagnino, anzi miez e miez.
Continuate a litigare sulle bombe di mercato, sulle indiscrezioni di spogliatoio e sulle rivelazioni del pennivendolo di turno.
Continuate a farvi dividere sui furti dei faretti nel cesso della curva, dando le colpe agli ultras (?) o ai napoletani come popolo (???).
Continuate a dire che ha ragione Salvini, magari tra un po’ direte che aveva ragione pure Lombroso. Continuate a prestarvi alla sociologia da quattro soldi, agli odiatori radiofonici unti e bisunti, agli antropologi falliti di stocazzo.
Continuate, continuate pure. Io non partecipo a questo gioco infame.
Me ne resto qui, sulla balaustra arrugginita dell’Ideale.
Dalla parte opposta del campo.

Bologna – Napoli, ultima stagionale

Solitudine

Termina con una sconfitta una stagione che ci ha fatto stringere poche volte le viscere. Sempre troppo dietro i padroni del vapore, sempre troppo avanti a quelli che domani si giocheranno l’accesso alla Coppa dei Campioni. Poche emozioni, poche incazzature, poche esaltazioni, poche delusioni.

Termina con una sconfitta la prima stagione di Ancelotti. Un leader calmo, per riprendere il titolo di un suo libro. Un ottimo gestore di gruppi, a vedere la sua storia in panchina e a interpretare il suo palmares. Abbiamo visto quasi tutti i giocatori della rosa, e forse abbiamo capito perché in passato avevano giocato poco.

Termina la prima stagione senza il Comandante. Molti ne hanno sentito la mancanza durante le partite. Altri, tra cui il sottoscritto, soprattutto quando il pallone non rotolava in campo. Si era arrivati ad un livello di partecipazione e di immedesimazione tra squadra e tifosi che raramente si è vista sul globo terracqueo, nei due secoli scarsi di Storia del Pallone.

Termina una stagione in cui la distanza tra Società Sportiva Calcio Napoli e i propri tifosi più accaniti e più fedeli è diventata una voragine. Ciò che l’anno scorso era visceralmente unito come un sol Uomo, quest’anno è stato scientificamente diviso. La tifoseria è spaccata, quindi siamo tutti più deboli.

E più soli. Dannatamente più soli.