Il Gioco del Pallone

Il gioco del Pallone

Il citofono diventava di fuoco.
Quasi sempre di soprannomi.
‘O chiatto, ‘O scenzià, ‘O russo.
Io ero ‘O champagne.

Le scale discese a due a due.
Saltando come grilli.
Gli spiccioli rubati dal resto della spesa che facevano rumore nelle tasche.
Il cancello aperto.
Il saluto rapido ai compagni.
Jammuncenn.

Colletta.
Metti qua. Io ho solo queste. Muort ‘e famme.
Apparate seimila lire.
Due supersantos. E ci esce pure una gassosa.
Signò, due supersantos buoni! Che ci vogliono le felle di carne per schiattarli!
Tranquillo, Champà. Se si schiatta, so come fare. Metodo infallibile. Me l’ha insegnato il fratocugino del fidanzato di mia sorella. Con la sputazza trovi il buco, con un ago di pino lo tappi.
Tranquillo, Champà.

Il campo.
Una lingua d’asfalto sconnesso.
Valgono le sponde?
Solo se sei ricchione!
OK, niente sponde.
Una porta fatta di pietre di tufo.
L’altra dai resti di un cancello divelto.

Portieri volanti?
Siamo dispari!
No problem.
Porta americana.
Vabbuó.

Il tocco per le squadre.
I capitani? Jamme bell.
So pa me a parta toja…
Jo!
Uno due tre quattro cinque sei sette.
‘O sfregiato, con me.
Mannaggia, è forte.
Io mi piglio ‘o scienziato.
‘O russo.
Merdone.
Fabiolino.
Leccagino.
Quattrocchi, in porta.

Noi siamo il Napoli.
‘O cazz, noi siamo il Napoli.
Allora nessuno è il Napoli.
OK, noi siamo il New Team.
Nuje ‘a Muppet.
Vi schiattiamo la capa.
Se se…

Cominciamo?
Fischia tu.
No, fischia tu.
– Fischio io! Fiuuuuuuu!
Ulloc ‘o cornut!

No politics

No politics_Fedayn_Volantino

Tra le tante cose ottime del movimento ultras napoletano c’è anche il fatto di essere apolitico.

Fuori, vota chi cazzo vuoi.
Dentro, tifa solo il Napoli.

E sarà sempre domenica

Fedayn_controluce

“E sarà sempre domenica,
fin quando sarò con te”.

È vero. Le domeniche sembrando degli anonimi mercoledì di provincia quando Tu non scendi in campo. E noi non siamo sugli spalti.

Tutto il resto conta POCO

Curva A Fame di vittoria

“Tutto il resto conta POCO,
noi vogliamo vincere!”.

Ogni volta che questo coro viene intonato, da qualche saettella esce un papponcino che ti dice “se vuoi vincere, tifa Juventus”.

La Juventus.
Quelli che vincere è l’unica cosa che conta.

Eppure non è difficile capire che tra quel POCO e quell’UNICA COSA CHE CONTA c’è la differenza tra sport e antisportività.

La più bella del mondo

Maglia Napoli Mars

Tutta azzurra.
Coi numeri bianchi.
Senza pixel, pantere, strisce, denim e camouflage.

La più bella del mondo.

Vogliamo la nostra maglia!

Maglia_Napoli_2019-20

Le voci e le immagini circolate settimane fa erano vere.
Purtroppo.
Dopo la pantera dell’anno scorso, completamente priva di ogni riferimento storico o culturale al Napoli e a Napoli, si è stati capaci di peggiorare la situazione.

– Ma perché, mica è brutta sta maglietta!

Preveniamo l’obiezione.
A noi non ce ne fotte se è bella o brutta, perché ognuno ha i suoi gusti. Noi ci limitiamo a dire che questa NON È la maglia del Napoli.
I pixel, il camouflage, i corn ‘e chi v’è vivo… tutte puttanate, che rispondono a logiche mercantili e pubblicitarie.
Logiche che non ci appartengono e che contrastiamo.

Se si vuole sperimentare, esiste la terza maglietta. Quella possono farla verde, bicolore, a pois, chi se ne fotte.
Ma la prima deve essere TUTTA AZZURRA, senza ghirigori, coi numeri bianchi.

Sappiamo bene che questa è una battaglia di retroguardia, che ha più avversari che sostenitori.
Siamo consapevoli che il mondo del Calcio è pronto a sotterrare tradizioni, loghi, colori sociali sull’altare del Mercato.
Sappiamo anche che molti coglioni sono pronti a spendere centinaia di euro per queste cagate, e se qualcuno fa notare loro la stronzata che fanno, si innervosiscono.

Ma noi siamo fatti così.
Legati alla Tradizione che non puzza di conservatorismo.
Il nostro pensiero è OPPOSTO, difficilmente riconducibile alla prassi del Sistema Calcio.
E continuiamo a dirlo, anche se la nostra voce rimarrà isolata.

Muri puliti, popoli muti

Murales_Napoli_Piazzetta_Vico

Muri puliti, popoli muti.
Lo diceva un vecchio adagio, lo conferma la quotidianità.
È un tema spinoso, certo: i tutori del presunto decoro cittadino sono sempre in prima fila ad auspicare repressione e pene severe per i “vandali della bomboletta”.

Non so.
Personalmente trovo più indecoroso un palazzo fatiscente, un marciapiede scassato, l’immondizia in strada.
E non poche volte mi è capitato di trovare sui muri splendidi dipinti e eccezionali frasi.

Prendete questo muro, ad esempio.
Cosa cazzo sarebbe senza quelle scritte? Semplicemente un muro. Un grigio, grattugiato, lurido muro di città.
Grazie a quelle scritte, diventa un monumento: a un Ideale, a un movimento, a un modo di essere, a uno stile di vita.

Un monumento all’amore puro, senza compromessi.
L’Amore Ultras.

Fate parlare i muri, fratelli.
Difendete la loro voce.
Perché provano a zittirci in ogni modo.
Rendiamogli la cosa difficile.

Insufficienza di prove

AcabAcab, A

Paolo Scaroni è un tifoso del Brescia.
Lo era anche 24 settembre 2005.
Il giorno di Verona – Brescia.

Quel giorno, alle 20, la sua vita cambia per sempre.
Perché durante una carica della polizia viene letteralmente massacrato.
Colpito alla testa più volte.
Col manganello imbracciato al contrario.

Un mese di coma.
“Scontri tra ultras”, dicevano i pennivendoli.
Invece no. Paolo si risveglia e racconta tutto.
A una poliziotta.
Che indaga sui colleghi e scopre verbali truccati, omertà, pestaggi sistematici organizzati.

Lo Stato, resosi conto di essere colpevole, risarcisce Paolo. Il suo 100% di invalidità, l’incapacità di parlare con fluidità, la gamba trascinata perché il cervello non funziona bene, vale 1 milione e 400 mila euro.
Perché Paolo è così per colpa dei servitori dello Stato.

Si, ma quali servitori?
Non si sa. Non ci sono numeri identificativi sui caschi e sulle divise.
Però ci sono testimonianze, verbali taroccati, referti medici.
Non bastano.
Ieri sera lo Stato ha assolto gli agenti in divisa a processo.
Insufficienza di prove.

P. S.
6 ore dopo il brutale pestaggio di Paolo Scaroni, a Ferrara viene fermato un giovane. Si chiama Federico Aldrovandi.
Aldro, per gli amici.

Né rosso, né nero. Azzurro.

Né rosso né nero25

Una curva è grande se è compatta.
La compattezza è tutto. Serve per sostenere, per coinvolgere, per difendersi da avversari e blu.

La politica distrugge la compattezza di una curva. Ci sono gruppi ultras più adatti alla balaustra di Montecitorio che a quella dello stadio. Ci sono curve in cui le croci celtiche o i Che Guevara superano le bandiere coi colori sociali. E questo non va bene.

Ognuno voti per chi cazzo vuole. O non voti proprio, chi se ne fotte.
Chi scrive, ad esempio, ritiene che l’unico fascio buono è il fascio di friarielli. Ma al Tempio io sono sempre andato con un unico Ideale nella testa e nel cuore: la Maglia.
E sono orgoglioso che in curva A e B non ci siano riferimenti politici.
Nessuno si sogna di fare i buuu razzisti ai calciatori di colore. Nessuno si mette a inneggiare a Stalin o Mussolini.

Allo stadio si sostiene il Napoli.
Che non è rosso, né nero.
È azzurro.

B. Dortmund, gli Ultras decentrano il tifo

BVB ultras

“Il successo ha portato sempre più clienti anziché fan”, “il rapporto tra club e fan è scomparso”, “il divario tra Ultras e tifosi normali sta aumentando”.
Su questi temi stanno ragionando da tempo i tre principali gruppi ultras del Muro Giallo, la famosa curva del Borussia Dortmund: The Unity, Desperados e Jubos.
Nonostante sia ancora universalmente riconosciuta come la curva più calorosa di Germania, gli ultras del Dortmund hanno notato una involuzione negli ultimi anni. Non tanto a livello di presenza, sempre molto alta, ma per quanto concerne il sostegno, i cori, la partecipazione.

“Abbiamo una reputazione in tutto il mondo della quale purtroppo non siamo più all’altezza” è il titolo di un volantino-manifesto distribuito dagli ultras “The Unity”.
Cosa fare? Pare che i tre gruppi abbiano trovato un accordo: allargarsi.
Ad oggi, il nucleo del tifo caldo giallonero è racchiuso nei settori (blocchi) 12 e 13, ossia i settori più centrali. Per far crescere la partecipazione di tutta la curva, hanno deciso di spostarsi verso l’esterno: The Unity si occuperà del settore 14, Desperados e Jubos del settore 11. In pratica, i cori saranno lanciati dall’esterno della curva verso l’interno, capovolgendo la prassi in voga praticamente in tutte le curve del mondo.

E’ un argomento che merita una riflessione, anche in Italia. Potrebbe essere un metodo da replicare, utile a risolvere i problemi di scarsa partecipazione al tifo delle estremità delle gradinate?

Mastino

Mastiffs_murales_bw

Cane ‘e presa.
Questo è il nome con cui l’ho conosciuto, tanti anni fa.
Abbaiava, ringhiava a chiunque provava a mettere piede in casa sua.
Amichevole e leale con chi gli era amico.
Non lo facevi fesso, manco per il cazzo.
Era molto più intelligente di quanto sembrasse.
E sapeva essere spietato, quando c’era da combattere.

Mastino.
Mastino napoletano.
Così lo chiamano.

Il gol del secolo… è la Mano de Dios

Mano de Dios

Oggi, 33 anni fa, veniva segnato il Gol del Secolo.

No, non parlo dei dodici tocchi coi quali Maradona scartò pure la Thatcher prima di gonfiare la rete inglese.
Per chi ama il Calcio, quello è il Gol del Secolo.

Per chi ama il Pallone, per quelli come me, il Gol del Secolo era stato segnato qualche minuto prima.

In quello c’era talento divino, dribbling, velocità, tecnica, freddezza.
In questo c’è cazzimma, grinta, vendetta, sangue sulle bandiere, antimperialismo, libertà.

Il Gol del Secolo, per gente come me, è la Mano de Dios.
Segnato oggi.
33 anni fa.

Teste Matte

teste matte

Ero dodicenne o poco più. Diego non stava già più all’ombra del Vesuvio. Era una di quelle domeniche in cui mio padre lavorava e al Tempio mi ci portava un parente o un amico di famiglia.

Curva A. Avevamo fatto tardi. Entrammo di corsa e di corsa andammo a pisciare, prima di salire sugli spalti.
Uscii dal cesso e fui assalito da un boato spaventoso. E bellissimo. Una cinquantina di persone stava salendo le scale che portano all’anello superiore.
Compatti. Nel cantare e nel camminare. Gesticolavano a tempo. Quei pugni roteavano nell’aria accompagnati da grida di battaglia. Erano fieri, persino ordinati, incutevano timore. Nessuno indossava maglie del Napoli. Nemmeno una sciarpetta o un berretto. Niente.
Eppure si vedeva lontano un chilometro che erano partenopei.

– Chi sono?
Il mio accompagnatore mi rispose senza togliere lo sguardo da quell’armata.
– Sono le Teste Matte. Sono ultras.
– Ah si? Strano… Non indossano niente del Napoli. Non capisco.
Lui mi guardò come si guarda un bambino cresciuto pensando agli Ultras come ai protagonisti di “Quel ragazzo della curva B”. Mi mise una mano sulla testa.
– Nun può capì. Nun può capì ‘e Teste Matte.

Napoli. Siamo. Noi.

Napoli Siamo Noi

Roma ha la Roma. E la Lazio.
Torino ha il Torino. E quelli là.
Milano è nerazzurra, ma anche rossonera.
Liverpool? 2 squadre.
Come Manchester. Barcellona. Madrid. Glasgow. Berlino. Amburgo.
Di Londra e Mosca non ne parliamo proprio. I derby si sprecano.

Tutte le più grandi città europee hanno almeno due squadre. Tutte, tranne Parigi.

E Noi. Noi siamo Noi, e basta. Per noi il derby è un succo di frutta. Noi siamo Napoli, tifosi della maglia e della città. Con buona pace dei politici, in giacca o in felpa, e dei protagonisti del calcio. Sia quelli in campo, sia quelli in panchina, sia quelli indegnamente seduti dietro la scrivania.

Napoli.
Siamo.
Noi.

Chiudiamola qui

Sarri_Luce

Tante cose ci sarebbero da dire.
Molte delle quali sono irripetibili, perché a rischio denuncia.
E perché il disgusto può annebbiare la mente.

Ai benpensanti piace credere che Amore e Odio siano complementari.
Come Yin e Yang.
A me hanno insegnato che sono antitetici.
Come Bianco e Nero.

Ammetto una colpa, una sola:
l’aver derogato al principio cardine di chi vive il calcio, e non solo, come lo vivo io.
Quel principio che recita “Solo la Maglia”.
Ho derogato a quel principio in nome di un qualcosa che evidentemente non esisteva.
E stamattina ne ho avuto la prova definitiva.
Era un film Luce, come diceva mio nonno quando si riferiva a qualcosa di totalmente inventato, di inesistente.

L’attuale allenatore di quelli là è stato il mio film Luce.
L’ultimo film Luce.
Il più bello, ma il più falso.
E adesso è arrivato il momento di farla finita coi film Luce.

Chiudiamola qui.

Scusaci, Raul

Raul Albiol2

Scusaci, Raul.
Anche se non dovremmo essere noi a chiederti scusa, ma quel cafone che ha l’onore di essere presidente del Napoli. Onore del quale non può rendersi conto, affogato dal suo ego smisurato.

Le scuse te le facciamo noi al posto del proprietario del Bari.
Sentire che un professionista serio e umile come te ci fa “solo una cortesia” ad andare via da Napoli e a tornare in Spagna, è un cazzotto nello stomaco. Il calcio dovrebbe premiare giocatori come te, esempio per i giovani scugnizzi che cominciano a calpestare gli sconnessi campi di gioco e a sognare di poter indossare un giorno la camiseta azul.

In un’epoca in cui i calciatori fingono depressioni pur di accasarsi da altre parti, oppure fuggono di notte e vanno a fare le visite mediche all’estero, o addirittura mandano in avanscoperta procuratori e mogli, un giocatore che chiede semplicemente di essere ceduto senza macelli mediatici e con l’unico fine di tornare a casa (a 34 anni) andrebbe portato come esempio.
Così si fa, quando si sente che la propria esperienza di lavoro e di vita è giunta al termine: si chiede di essere ceduti. Senza montare casini, senza pennivendoli usati all’uopo, senza post fiammeggianti sui social. A bocce ferme, coi campionati fermi, quando non si possono creare problemi.

No, non ci fai una cortesia ad andartene. Non sarà facile trovare uno come te, in campo e fuori.
Ma certi cafoni che farebbero bene a parlare il meno possibile, certi pezzenti sagliuti con una concezione di sé superiore alla decenza, non lo capiranno mai.

Buona ciorta, Raul.

A testa alta

a testa alta

In ogni stadio.
In qualsiasi giorno.
A qualunque ora.
Contro ogni avversario.
Nonostante abusi e repressione, menzogne e tradimenti.
Indipendentemente dal risultato.

Gli unici sempre presenti.
E sempre a testa alta.

Mai più la 10 a qualcuno

James_Rodriguez

Non ha ancora la sacra maglia addosso.
Non è nemmeno ufficiale.
Eppure i papponcini già stanno infestando l’aria con la più idiota delle domande:
“Gli dareste la 10?”.

A questi esemplari belanti, a questi vespasiani ambulanti, a queste capre bipedi vogliamo ricordare una banalità: la 10 non si darà a nessuno.
N-E-S-S-U-N-O.

Ci hanno costretto a usarla negli anni della C.
Fino a che sarà possibile scegliere i numeri di maglia, la 10 non dovrà più essere assegnata.

Mai più.

Questione di appartenenza

Questione di appartenenza

A volte non sei tu a scegliere quei colori.
A volte sono loro a scegliere te.

Si tuffano nei tuoi occhi, vibrano nel tuo stomaco, palpitano nel tuo cuore.
Li vedi intorno a te, sui muri della città, appesi ai balconi del quartiere o stretti al collo, incollati agli zaini degli scugnizzi e ai pali della luce.

Quei colori diventeranno i tuoi colori. E lo saranno per sempre, riempiendo le tue giornate nel grigiore di un mondo in bianco e nero.

Per quei colori ti emozionerai, lotterai, piangerai.
Non sarà mai un motivo di convenienza, ma sempre e solo una questione di appartenenza.

4 agosto a Marsiglia

Marseille

Non è ancora ufficiale, ma è molto probabile.
Il prossimo 4 agosto si disputerà una amichevole tra O.Marsiglia e Napoli, al Velodrome, in occasione dei 120 anni dalla fondazione della squadra francese.

Marsiglia.
Non certo ricordi felici.
Coppa Campioni, 2013.
La loro polizia.
Le sassaiole.
Quello stadio pericolante.
Il dopo gara.

In campo un Napoli tutto azzurro.
Maglia, pantaloncini e calzerotti.
Due lampi: uno ispanico e uno colombiano.
Quest’ultimo a girare, sul secondo palo.
Nell’angolo vicino al settore ospiti.

Viva gli Ultras, ultimo baluardo

Ultimo Baluardo2

Gli unici sempre fedeli. Presenti ovunque, in qualsiasi categoria, sempre e solo per sostenere ciò che viene quasi quotidianamente infangato da presidenti, calciatori e allenatori: la Maglia.

Il Calcio è un business? Anche. Non solo. Non per tutti. Non per i bambini che giocano a pallone nei parchi, nelle piazze, nelle strade, nelle piccole scuole calcio di provincia.
E poi il week end si mettono nelle orecchie dei papà, per essere portati al Tempio.

Bambini che un giorno difficilmente diventeranno calciatori. Ma per tutta la vita saranno tifosi, fedeli solo a quei colori. E magari saranno lì, in curva. In casa e fuori. Dietro quegli striscioni. A perdere la voce.

Viva gli ultras, ultimo baluardo.

Mi pare si dica così…

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A qualcuno serviva l’ufficialità? Bene, è arrivata. Sarri sarà il prossimo allenatore di quelli là. A noi non serviva l’ufficialità: ci eravamo già accorti nei giorni scorsi che la trattativa sarebbe saltata solo per volontà di altri, non certo di Sarri.

Esulteranno i papponcini, che potranno buttare un altro po’ di merda su uno che è stato amato molto più del proprietario del Bari. Sono fatti così: quando l’amore dei napoletani è indirizzato a qualcuno di diverso dal Cinepresidente romano, quel qualcuno diventa un nemico. Potremmo far loro notare che se Chelsea e quelli là hanno puntato su Sarri forse il problema è di chi lo ha scaricato per manifesta invidia del pene, ma sarebbe inutile: i tifosi del Bilancio e i segaioli sui santini del proprietario del Bari hanno evidenti limiti di comprendonio.

Sarri ha deciso. Vuole riempire la bacheca, non solo il portafoglio. Quindi i cori di discriminazione razziale e geografica, gli arbitraggi scandalosi, i calendari aggiustati ad hoc, il vincere NON è l’unica cosa che conta, possono andare beatamente a fanculo. Anzi, adesso Sarri può tranquillamente cominciare a non vedere, a non sentire e a non capire. Come centinaia prima di lui.

“Sarri uno di noi”? Lo era. Lo è stato. Ha scelto di non esserlo più. Ora vuole essere uno di loro. Quello striscione aveva un senso e un valore. Oggi ha perduto il senso, non il valore: le curve partenopee non onorano facilmente una persona. Se lo fanno, vuol dire che quella persona se lo è meritato.
Il valore di quello striscione non riempie le bacheche, non genera plusvalenze, non gonfia il conto in banca.

Proprio per questo è immenso. Perché è figlio di un amore puro, privo di calcoli e convenienze.
E solo l’amore puro può essere tradito. Il resto è quello che dicono loro. “Professionismo”.

Mi pare si dica così.

P.S.
I tifosi del Napoli oggi sono tristi. Incazzati. Avvelenati.
Quelli che gioiscono sono tifosi del proprietario del Bari.

La libertà

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La libertà non è fare il cazzo che ti pare. Lo dovresti sapere, ormai. Perché a ogni tua azione corrisponde una reazione.
Non è filosofia di merda, no. È fisica. Il mondo gira così, tra un contropiede e l’altro.
E si può stare al mondo solo in due modi: in catene o liberi. No, non parlo di catene reali, di ferri più o meno arrugginiti messi da qualche divisa serva dello stato e confermati da qualche toga serva dello stato.
C’è più gente libera in galera che nelle tribune vip degli stadi di mezza Europa.
Parlo di catene mentali, di presunte certezze figlie del pregiudizio e madri di ogni giudizio. Sicurezze che danno insicurezza all’anima, portandoci a scegliere una comoda prigione dipinta di libertà da discount piuttosto che la scomoda estraneità alla massa.

Onore agli uomini realmente liberi. Agli estranei, agli eretici, agli eterodossi.