Italiani? Noi siamo Partenopei.

Oggi gioca la sedicente Nazionale Italiana.
Alcuni di noi preferiscono chiamarla Nazionale Occupante, visto che è la rappresentativa calcistica di coloro che dal 1861 occupano la nostra Terra.
Altri preferiscono chiamarla Nazionale Italiota, visto che l’Italia non esiste ed è “solo una espressione geografica”.
Altri ancora, ormai una minoranza, sono semplicemente arrabbiati con l’Italia, visto che non ci ha mai trattati da italiani, ma sempre e solo da cittadini di serie b… tranne quando giocava la nazionale nel nostro Tempio.

Ricordate Maradona prima di Italia-Argentina del ’90? “Per 364 giorni all’anno chiamano “terroni” i napoletani, ma si ricordano di loro quando gioca l’Italia al San Paolo”. Il buon Diego, nato per puro caso a Lanus e non nella Sanità, aveva già capito tutto, ben prima dei libri fondamentali di Pino Aprile o del “Riscetamento Partenopeo” degli ultimi anni.

Pensate anche ai nostri fratelli che vivono all’estero, cioè da Roma in su. Pensate a come vivono, a come vengono trattati, a cosa devono sentirsi dire. Per certa gente dire “sai, non sembri proprio un napoletano” significa fare un complimento. Sono talmente stupidi che non capiscono quanto sia offensiva una frase del genere.

Ecco. Oggi gioca la sedicente Italia, contro la Svezia. Qualche tricolore torna a fare capolino sui nostri balconi e qualche maglietta accuratamente nascosta viene indossata nuovamente. Almeno fino all’eliminazione. Noi Partenopei, però, non dobbiamo attendere l’eliminazione per affermare e professare la nostra fiera diversità, la nostra alterità, rispetto a ciò che lo Stato italiano è stato, è e sarà nei nostri confronti.
Almeno fino a quando non torneremo Liberi.

Dal 1861, fratelli di nessuno.

Europei del tifo, per il momento una delusione

Hooli Russia Inghilterra

Gli Europei sono iniziati da qualche giorno e un giudizio preliminare sullo “spettacolo delle gradinate” si può cominciare a dare. Molto colore, certo. Il colore tipico dei tifosotti che si dipingono il volto coi colori nazionali o che si presentano allo stadio con elmi vichinghi, armature da gladiatori, trecce alla Obelix, nacchere e altre amenità.
Dal punto di vista canoro si distinguono sempre e solo i britannici (inglesi, irlandesi e gallesi), che però fanno la differenza soprattutto quando intonano i rispettivi inni nazionali, più volte durante la partita. Per il resto, poca roba.
La compattezza mostrata dai russi durante gli scontri con gli inglesi e il tentativo di “prendere la curva” avversaria (cosa che non si vedeva da decenni) sono le uniche vette raggiunte dai tifosi europei. Infatti la stampa si è gettata a capofitto sulla vicenda, “scoprendo” all’improvviso di appuntamenti presi via internet oppure “stupendosi” del fatto che gli ultras dei club francesi, nel vedere le loro città teatro di scontri, scendessero in piazza e prendessero parte agli scontri.
Ma questi davvero pensano che al giorno d’oggi gli scontri tra un numero così grande di supporters avviene per caso? Davvero pensavano che marsigliesi, nizzardi o parigini non prendessero parte agli scontri?

Focalizzandoci di più sull’Italia, possiamo tranquillamente dire che siamo rimasti al riff di “Seven Nation Army” dei White Stripes, ovvero al coro di Germania 2006. Per il resto, il vuoto assoluto. Non un coro decente, sostegno disorganizzato, tifo spontaneista della peggiore specie.

Targa della Curva A per l’ultras del Plovdiv

Plovdiv targa

La Curva A.
La famosa, la famigerata Curva A.
Quella su cui i pennivendoli di regime hanno gettato fiumi di fango e inchiostro in questi anni, soprattutto dopo la finale di Coppa Italia contro la Fiorentina.
La “curva della camorra”. La “curva di Genny ‘A Carogna”.

Ancora una volta, la Curva A l’ha messa nel culo a tutti. Per l’ennesima volta. Esempio di mentalità e di passione, di amore e di fratellanza, anche con le tifoserie estere.
L’immagine che vedete qui sopra riproduce graficamente la targa che gli ultras della Curva A hanno realizzato in memoria del fratello dei Napoletani Plovdiv, nostri gemellati, scomparso pochi giorni a causa di un cancro.

Ovviamente non troverete questa notizia sui giornali “seri”, perché gli ultras fanno notizia solo quando ci sono scontri. E perché Plovdiv è un buco di culo che non conta un cazzo per i mass media italiani e stranieri. Quindi chi se ne fotte di una amicizia ultras vecchia di anni. Chi se ne fotte di un gesto così bello. Chi se ne fotte della fratellanza tra la tifoseria di una Capitale europea e una cittadina bulgara.

Ecco, noi a questi “chi se ne fotte” rispondiamo coi fatti, coi gesti, con le parole e con le azioni.
Un applauso alla Curva A e un abbraccio ai fratelli di Plovdiv.

Tifoso dell’Hellas ripulisce la lapide per Ciro

Associazione Ciro Vive

Come tutti saprete, qualche giorno fa una mano infame ha imbrattato la lapide apposta a Tor di Quinto in onore di Ciro Esposito, ucciso dal romanista e fascista daniele de santis (lo scriviamo in minuscolo, perché non merita nemmeno il maiuscolo).
Il comprensibile dolore era stato, come sempre, gestito benissimo da Mamma Antonella, la quale aveva fatto sapere che non sono riusciti a spegnere la luce di Ciro uccidendolo, figuriamoci se possono spegnerne il ricordo con un po’ di pittura.

Nelle ore successive all’atto vandalico, però, era accaduto un altro fatto: la lapide era addirittura sparita. La rabbia, mista a disgusto per l’ennesimo gesto infame, è salita a livelli difficilmente gestibili. Umanamente, è più che comprensibile.
La bellissima notizia, però, è che la lapida era stata prelevata per essere ripulita e, tra qualche giorno, tornerà a Tor di Quinto. Ne danno notizia proprio sulla pagina facebook della Associazione Ciro Vive, aggiungendo un particolare incredibile: la persona autrice del nobile gesto è un tifoso dell’Hellas Verona. Questo tifoso, a cui va il nostro plauso nonostante appartenga ad una tifoseria notoriamente nemica, dimostra ancora una volta ciò che diciamo da anni quando parliamo di Mentalità Ultras, nello stadio come nella vita di tutti i giorni: di fronte alla morte di uno che appartiene alla nostra comunità, ci deve essere unione e rispetto.

I colori ci dividono, la mentalità ci deve unire.

“Jihad o ultras”, ci mancava di essere paragonati all’Isis!

Jihad Ultras

Un articolo uscito ieri su Il Manifesto, subito rimbalzato in rete su vari siti, esponeva l’organizzazione della sicurezza per gli europei di calcio che prenderanno il via il 10 giugno. L’articolo, scritto bene e in maniera chiara, descriveva la macchina preventiva e repressiva messa su dalla Francia (e non solo) per il grande evento sportivo, tenendo presente che la ferita degli attacchi di Novembre è ancora aperta.
E brucia, cazzo se brucia.

Fin qui nulla da dire. E’ il titolo, però, a fare infuriare: “Jihad o ultras, il gioco si fa duro. Teste di cuoio per Euro 2016”. Jihad o ultras. Mettere vicini questi due termini conduce inevitabilmente al seguente ragionamento: che siano islamisti armati di bombe o fucili oppure ultras, poco cambia… sempre terroristi sono! E la risposta non può che essere la medesima in entrambi i casi: le Teste di cuoio!

Provo disgusto per titoli come questo, specie se fatti da un giornale, Il Manifesto, che invece si è sempre distinto per l’originalità spiazzante dei propri titoli. L’avessero scritto Libero o il Giornale…
Proprio per questo motivo è tutto ancor più raccapricciante: accomunare gli ultras, cioè coloro che seguono la propria squadra (o la propria nazionale) con tutti i limiti e gli errori della passione più pura ed estrema, a dei terroristi che in nome di un dio massacrano indiscriminatamente donne, uomini, anziani e bambini, è stomachevole.

E’ da farabutti.

“Liberté pour les ultras”

Lutece Falco

Mentre il loro presidente, lo sceicco plurimiliardario Nasser Al-Khelaifi, teneva il discorso di ringraziamento per il quarto campionato consecutivo vinto, i tifosi del PSG hanno intonato il coro “Liberté pour les ultras”. Si, perché a Parigi gli ultras non possono più andare allo stadio. Ospiti non graditi dalla proprietà del club.

Il 28 febbraio 2010 un membro dei Casual Firm Paris, Yann, venne ucciso durante alcuni scontri fuori allo stadio in occasione di PSG – Olimpique Marsiglia. La proprietà del PSG colse la palla al balzo ed estromise dallo stadio sia gli storici Kop de Boulogne (di estrema destra), di cui i Casual Firm erano un gruppo affine, sia le nuove leve del Virage Auteuil (Supras, Lutece Falco e Tigris Mystic), più multiculturali e slegate dalla politica nazionalistica. Tra le due anime del tifo parigino c’erano stati in passato problemi e scontri, quindi la morte di Yann fu il pretesto ideale per eliminare ogni traccia di ultras dal Parco dei Principi, vietando la vendita degli abbonamenti agli ultras.

Recentemente è sorto il “Collectif Ultras Paris“, movimento apolitico che punta proprio al ritorno degli ultras parigini allo stadio. Secondo alcuni, è proprio il CUP che ha organizzato questa piccola contestazione.

Noi napoletani non possiamo che solidarizzare con questi tifosi e sperare che gli ultras parigini possano tornare allo stadio. Indipendentemente dai colori e dagli orientamenti politici, è importante sostenere tutte le iniziative ultras, italiane e internazionali, che tentano di contrastare la repressione insita nella malsana idea di “Calcio moderno”.