Divide et impera

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“Faremo un grande mercato.
Tutti cambiano allenatore, noi no.
Grande vantaggio.

I faretti. I seggiolini. Le Universiadi. Il pezzotto. La droga. Le multe.

Albiol vuole andare via? Mannaggia.
Manolas? No, è ‘na capa pazza.
E’ vero! Un amico del fidanzato della figlia di mio cugino è passato per Roma due anni fa: Manolas rompe lo spogliatoio.
Arriva Manolas: grande acquisto!
La miglior difesa d’Italia. Anzi d’Europa.

E adesso arriva pure James.
E’ fatta. E’ ufficiale.
Quasi ufficiale. La comunicazione arriverà il 13 luglio.
Il 15 agosto.
Il 30 febbraio.

Che ha detto? Mette le curve a 50 euro? Fa bene! Accussì imparano a contestarlo!
Come? Ha abbassato i prezzi? Ha fatto bene! Accussì imparano a contestarlo!

Pareggiamo con la Cremonese: servono rinforzi!
Surclassiamo il Liverpool: nun serve nisciuno!
Ne pigliamo quattro dal Barcellona: ma quando arriva James?
Meno male che Elmas è giocatore. Il nuovo Fabian Ruiz.

Mica come Milik, quella pippa polacca. Magari arrivasse Icardi!
Icardi non vuole venire? Tanto abbiamo Milik! Che ce ne fotte!
Siete degli ingrati col polacco. Io sto con Milik.
Je suis ADL.”

I tifosotti ragionano così.
Da giorni, da mesi, da anni.
Da sempre.
Si fanno dividere per farsi comandare.
Quanto gli piace stare sotto padrone, mammamà.

Meno male che c’è gente ESTRANEA a questo modo di ragionare.
E che non è serva di nessuno.

Ulteriore repressione

Fumogeno

Decreto sicurezza bis.
Codice comportamentale.

Gli ultimi infami tentativi del Sistema di togliere colore alle gradinate.

Strategie

No alla tessera

E’ necessario un mea culpa collettivo.
Ieri, dopo l’ufficializzazione della campagna abbonamenti, l’entusiasmo per il ritorno a prezzi modici ha oscurato, o quantomeno reso meno evidenti, due importanti storture.
Anzi, chiamiamole per quelle che sono: strategie.

La prima: è possibile abbonarsi solo per i possessori di fidelity card, ossia della tessera del tifoso mascherata e resa obbligatoria dalla Lega. “E’ obbligatoria, quindi qual è il problema?”, è l’obiezione che viene facile. La comprendiamo, per carità. Ed è probabile che su questa battaglia bisognerà registrare una sconfitta. Ma proviamo ad aprire gli occhi e le orecchie, non solo il portafoglio: quale fidelity card è più “fidelizzante” dello stesso abbonamento? Se io mi abbono, sono già un fidelizzato e dovrei avere già diritto ai benefit del tifoso “registrato”. Perché si sa, per abbonarsi è necessario portare un documento valido, eccetera, eccetera.

Allora a che serve questa ulteriore fidelity card? Prima, quando senza ipocrisia veniva chiamata Tessera del Tifoso, l’obiettivo era fondamentalmente di carattere commerciale. Infatti la TdT era una sorta di carta di credito, o meglio una Postepay. Il fallimento di questa strategia, negli anni, ha portato all’eliminazione parziale di questo aspetto.
Rimane però il divieto principale: il famigerato Articolo 9, ossia il divieto di partecipare a manifestazioni sportive per coloro che hanno commesso “reati da stadio”. Anche se le pene per questi reati sono state scontate. Inutile dire che l’incostituzionalità di tale provvedimento è lampante, ma nel paese dei gattopardi la Costituzione viene puntualmente calpestata, specie quando riguarda quei luridi tossici, camorristi, spacciatori e falsari delle curve!

E cosa ha fatto la società Napoli in questi anni, per contrastare questo stomachevole andazzo? Una beneamata minchia, sposando totalmente la linea della Lega e le strategie di repressione del tifoso non allineato. Nessuna opposizione alla fu tessera del tifoso, nessun contrasto al nuovo codice comportamentale voluto da Salvini.

Secondo aspetto non analizzato ieri: i prezzi, già fissati, per le partite di campionato. “Prezzi in linea con le altre squadre!”, si dirà. Vero, purtroppo. Perché spendere quaranta euro a cranio per assistere ad una partita di cartello in curva (e settanta cucuzze nei distinti…) è quanto di più lontano a ciò che viene definito “sport popolare”. La strategia è chiara: incentivare ad abbonarsi (costo medio, 15 euro a partita in curva), piuttosto che comprare i singoli biglietti. Ha una logica, non c’è che dire. E se fosse slegata dalla tessera del tifoso, o fidelity card che dir si voglia, ci troverebbe probabilmente d’accordo. Ma qui assume i connotati del ricatto.

Questioni di strategie, signori. Strategie commerciali e repressive. Per le quali il tifoso è un utente. Nulla di più.

Duecentosessantanove

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269.
Duecentosessantanove.
Sono gli euro che servono per acquistare un abbonamento in curva.
Questo è quanto ha stabilito il Napoli.
Prezzo ottimo, non c’è che dire. Un plauso alla società per questa scelta è assolutamente meritato.

269 euro.
Poco più di Milan e Inter (che superano di poco i 250 euro per il secondo anello di San Siro, cuore della torcida milanese) e meno della Roma, che si piazza a 310 per la curva Sud.
Nettamente avanti a tutti, la Juventus ha stabilito un prezzo di 650 euro per l’abbonamento di curva all’Allianz Stadium.

E nel resto d’Europa, che aria tira?
Aria bellissima e salutare in Germania, dove il Bayern Monaco l’anno scorso ha messo gli abbonamenti popolari a 140 euro (no, non è un errore di battitura). Quest’anno ha alzato leggermente il prezzo, “a causa dell’inflazione” dicono i bavaresi, ma rimane comunque bassissimo.
Il Borussia Dortmund si attesta intorno ai 250 euro per la curva, il famoso Muro Giallo.

Aria pessima in Inghilterra, dove la curva dell’Arsenal costa più di 1000 euro, seguita dal Tottenham (905 euro, stadio nuovo). La gradinata di Anfield Road costa 780 euro, quella di Stamford Bridge 675 euro. Capitolo Manchester: caro lo United, oltre 600 euro; bassissimo il City, poco più di 350 euro.

E in Spagna? Lì è più difficile fare confronti, visto che esiste l’azionariato popolare e che gli abbonati sono anche soci del club. L’abbonamento in curva del Real Madrid costa circa 400 euro (inclusa la quota socio), mentre il settore popolare al Camp Nou costa 140 euro, a cui va aggiunta la quota socio, che ha molte variabili.

Solo gli Ultras vincono sempre

Solo gli Ultras

Sterili dibattiti di fantamercato fanno il paio con la spaccatura, fomentata dai papponcini, nel tifo partenopeo.
Decenni di avanguardia evidentemente non contano più nulla per quelli che vanno al Tempio “a vedere il Real Madrid”, e non il Napoli.
Oggi Ultras è sinonimo di tifoso interessato, nel senso che tifa per interesse e contesta quando quegli interessi non sono perseguiti e finalizzati.
Interessi non sportivi, ma criminali.
Tossici, spacciatori, camorristi, falsari, gente che “non mangia più col Napoli”.

È questa la più grande, indelebile e grave colpa del proprietario del Bari: aver voluto spaccare il tifo, ossia la più grande forza del Napoli.
Potrà comprare undici Messi e vincere dieci scudetti, questa infame colpa non sarà mai mondata.
Mai.

Il primo fumogeno

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La prima volta che ho avuto un fumogeno in mano non è stato al Tempio.
E’ stato al Partenio di Avellino.
Napoli – Sampdoria, sedicesimi di coppa italia.

Pioveva, porca troia quanto pioveva.
Partimmo con tre auto da Pozzuoli.
Io stavo con uno che “vado ad Avellino tutti i mesi, per lavoro”.
Ovviamente, sbagliò strada.
Ce ne accorgemmo quando vedemmo il cartello “San Vittore”.

Facemmo San Vittore – Avellino in un amen.
Arrivammo a partita iniziata.
All’ingresso c’era uno steward con l’ombrello e poca voglia di stare lì.
Ci strappò i biglietti senza nemmeno controllare.
Facemmo le scale di corsa, per raggiungere l’anello superiore del Partenio.
Arrivati lì, non c’era nessuno.
Nemmeno un gruppo ultras.
Dove cazzo stavano?

Sotto.
Nell’anello inferiore.
Buttai uno sguardo nella curva opposta: vidi lo striscione Fedayn.
Presi il cellulare e chiamai Zelig.
– Oh, ma addò stai?
– Di fianco ai Fedayn, come sempre. Pecchè, tu addò stai?
– Nella curva opposta.
Agitai le braccia.
– Si, ti vedo. Che ci fai là?
– Eh…

Avevamo pure sbagliato curva.
La pioggia, almeno, si era presa una breve pausa.
Allungai il collo, per vedere quali gruppi stessero all’anello inferiore, sotto di me.
C’erano i Vecchi Lions.
Ottimo. Decidemmo di metterci lì.
Neanche il tempo di ridiscendere le scale, che incontrai un tizio che conoscevo.
Uno che aveva almeno quindici anni di curva più di me sul groppone.
– Che cazzo ci fai qua?
– Nu casino che nun hai idea… abbiamo sbagliato strada, siamo arrivati tardi, abbiamo sbagliato curva…
– Ho capito, nu maciello. Vabbuò, vieni qua… dammi na mano.

Gli diedi una mano.
Letteralmente.
Nella mano mi mise un fumogeno.
– L’hai mai appicciato?
– No, mai.
– Te faccio vedè… se fa accussì.
La torcia prese fuoco.
Strinsi gli occhi, per abituarmi ala luce.
L’odore acre del fumogeno non mi era mai sembrato così dolce.
Lui fece lo stesso con un altro fumogeno.
Si mise a qualche metro da me.

Il cellulare mi squillò.
Risposi, senza leggere il nome sul display.
Era Zelig.
– Oh, ma si tu chillo co’ nu fumogeno in mano?

Tutto il resto conta POCO

Curva A Fame di vittoria

“Tutto il resto conta POCO,
noi vogliamo vincere!”.

Ogni volta che questo coro viene intonato, da qualche saettella esce un papponcino che ti dice “se vuoi vincere, tifa Juventus”.

La Juventus.
Quelli che vincere è l’unica cosa che conta.

Eppure non è difficile capire che tra quel POCO e quell’UNICA COSA CHE CONTA c’è la differenza tra sport e antisportività.

Vogliamo la nostra maglia!

Maglia_Napoli_2019-20

Le voci e le immagini circolate settimane fa erano vere.
Purtroppo.
Dopo la pantera dell’anno scorso, completamente priva di ogni riferimento storico o culturale al Napoli e a Napoli, si è stati capaci di peggiorare la situazione.

– Ma perché, mica è brutta sta maglietta!

Preveniamo l’obiezione.
A noi non ce ne fotte se è bella o brutta, perché ognuno ha i suoi gusti. Noi ci limitiamo a dire che questa NON È la maglia del Napoli.
I pixel, il camouflage, i corn ‘e chi v’è vivo… tutte puttanate, che rispondono a logiche mercantili e pubblicitarie.
Logiche che non ci appartengono e che contrastiamo.

Se si vuole sperimentare, esiste la terza maglietta. Quella possono farla verde, bicolore, a pois, chi se ne fotte.
Ma la prima deve essere TUTTA AZZURRA, senza ghirigori, coi numeri bianchi.

Sappiamo bene che questa è una battaglia di retroguardia, che ha più avversari che sostenitori.
Siamo consapevoli che il mondo del Calcio è pronto a sotterrare tradizioni, loghi, colori sociali sull’altare del Mercato.
Sappiamo anche che molti coglioni sono pronti a spendere centinaia di euro per queste cagate, e se qualcuno fa notare loro la stronzata che fanno, si innervosiscono.

Ma noi siamo fatti così.
Legati alla Tradizione che non puzza di conservatorismo.
Il nostro pensiero è OPPOSTO, difficilmente riconducibile alla prassi del Sistema Calcio.
E continuiamo a dirlo, anche se la nostra voce rimarrà isolata.

Né rosso, né nero. Azzurro.

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Una curva è grande se è compatta.
La compattezza è tutto. Serve per sostenere, per coinvolgere, per difendersi da avversari e blu.

La politica distrugge la compattezza di una curva. Ci sono gruppi ultras più adatti alla balaustra di Montecitorio che a quella dello stadio. Ci sono curve in cui le croci celtiche o i Che Guevara superano le bandiere coi colori sociali. E questo non va bene.

Ognuno voti per chi cazzo vuole. O non voti proprio, chi se ne fotte.
Chi scrive, ad esempio, ritiene che l’unico fascio buono è il fascio di friarielli. Ma al Tempio io sono sempre andato con un unico Ideale nella testa e nel cuore: la Maglia.
E sono orgoglioso che in curva A e B non ci siano riferimenti politici.
Nessuno si sogna di fare i buuu razzisti ai calciatori di colore. Nessuno si mette a inneggiare a Stalin o Mussolini.

Allo stadio si sostiene il Napoli.
Che non è rosso, né nero.
È azzurro.

Mastino

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Cane ‘e presa.
Questo è il nome con cui l’ho conosciuto, tanti anni fa.
Abbaiava, ringhiava a chiunque provava a mettere piede in casa sua.
Amichevole e leale con chi gli era amico.
Non lo facevi fesso, manco per il cazzo.
Era molto più intelligente di quanto sembrasse.
E sapeva essere spietato, quando c’era da combattere.

Mastino.
Mastino napoletano.
Così lo chiamano.

Teste Matte

teste matte

Ero dodicenne o poco più. Diego non stava già più all’ombra del Vesuvio. Era una di quelle domeniche in cui mio padre lavorava e al Tempio mi ci portava un parente o un amico di famiglia.

Curva A. Avevamo fatto tardi. Entrammo di corsa e di corsa andammo a pisciare, prima di salire sugli spalti.
Uscii dal cesso e fui assalito da un boato spaventoso. E bellissimo. Una cinquantina di persone stava salendo le scale che portano all’anello superiore.
Compatti. Nel cantare e nel camminare. Gesticolavano a tempo. Quei pugni roteavano nell’aria accompagnati da grida di battaglia. Erano fieri, persino ordinati, incutevano timore. Nessuno indossava maglie del Napoli. Nemmeno una sciarpetta o un berretto. Niente.
Eppure si vedeva lontano un chilometro che erano partenopei.

– Chi sono?
Il mio accompagnatore mi rispose senza togliere lo sguardo da quell’armata.
– Sono le Teste Matte. Sono ultras.
– Ah si? Strano… Non indossano niente del Napoli. Non capisco.
Lui mi guardò come si guarda un bambino cresciuto pensando agli Ultras come ai protagonisti di “Quel ragazzo della curva B”. Mi mise una mano sulla testa.
– Nun può capì. Nun può capì ‘e Teste Matte.

Napoli. Siamo. Noi.

Napoli Siamo Noi

Roma ha la Roma. E la Lazio.
Torino ha il Torino. E quelli là.
Milano è nerazzurra, ma anche rossonera.
Liverpool? 2 squadre.
Come Manchester. Barcellona. Madrid. Glasgow. Berlino. Amburgo.
Di Londra e Mosca non ne parliamo proprio. I derby si sprecano.

Tutte le più grandi città europee hanno almeno due squadre. Tutte, tranne Parigi.

E Noi. Noi siamo Noi, e basta. Per noi il derby è un succo di frutta. Noi siamo Napoli, tifosi della maglia e della città. Con buona pace dei politici, in giacca o in felpa, e dei protagonisti del calcio. Sia quelli in campo, sia quelli in panchina, sia quelli indegnamente seduti dietro la scrivania.

Napoli.
Siamo.
Noi.

A testa alta

a testa alta

In ogni stadio.
In qualsiasi giorno.
A qualunque ora.
Contro ogni avversario.
Nonostante abusi e repressione, menzogne e tradimenti.
Indipendentemente dal risultato.

Gli unici sempre presenti.
E sempre a testa alta.

Questione di appartenenza

Questione di appartenenza

A volte non sei tu a scegliere quei colori.
A volte sono loro a scegliere te.

Si tuffano nei tuoi occhi, vibrano nel tuo stomaco, palpitano nel tuo cuore.
Li vedi intorno a te, sui muri della città, appesi ai balconi del quartiere o stretti al collo, incollati agli zaini degli scugnizzi e ai pali della luce.

Quei colori diventeranno i tuoi colori. E lo saranno per sempre, riempiendo le tue giornate nel grigiore di un mondo in bianco e nero.

Per quei colori ti emozionerai, lotterai, piangerai.
Non sarà mai un motivo di convenienza, ma sempre e solo una questione di appartenenza.

4 agosto a Marsiglia

Marseille

Non è ancora ufficiale, ma è molto probabile.
Il prossimo 4 agosto si disputerà una amichevole tra O.Marsiglia e Napoli, al Velodrome, in occasione dei 120 anni dalla fondazione della squadra francese.

Marsiglia.
Non certo ricordi felici.
Coppa Campioni, 2013.
La loro polizia.
Le sassaiole.
Quello stadio pericolante.
Il dopo gara.

In campo un Napoli tutto azzurro.
Maglia, pantaloncini e calzerotti.
Due lampi: uno ispanico e uno colombiano.
Quest’ultimo a girare, sul secondo palo.
Nell’angolo vicino al settore ospiti.

Ultimo baluardo

Ultimo Baluardo

I calciatori, gli allenatori, i dirigenti, i presidenti.
Tutti possono tradire, baciare maglie già abbandonate, giurare fedeltà già infedeli.

Solo loro non tradiscono mai.
Mai.

Ultimo baluardo di irriducibile fedeltà.